Querena Lattanzio *
Clusone (Bergamo) 1768 - Venezia 1853
A Verona apprese dal suo primo maestro, S. Della Rosa, il delicato plasticismo della scuola locale. Iscrittosi all’Accademia di Belle Arti di Venezia, dove si diplomò nel 1806, acquistò forza cromatica e sperimentò più decisi contrasti chiaroscurali nel segno del piazzettismo di F. Maggiotto. Negli anni successivi si convertì a un classicismo ispirato ai modelli della pittura veneziana del Cinquecento. Fu noto copista e restauratore e, nel campo della pittura d'invenzione, divenne il principale interprete a Venezia del pietismo religioso tipico dell'età della Restaurazione e fu capace di mutare continua mente registro espressivo, a seconda della richiesta della committenza o della destinazione delle opere. Così nelle pale d’altare delle chiese veneziane di San Giobbe (Teofania di Giobbe, 1819), del Nome di Gesù (S. Francesco, 1820 ca.), di San Servolo (Deposizione, 1824), dei Tolentini (Deposizione, 1837), di Sant'Aponal (Martirio di sant'Apollinare, 1843), variò i riferimenti figurativi rintracciandoli di volta in volta in G. G. Savoldo, J. Tintoretto, J. Bassano e Tiziano. Anche nei ritratti, rispetto al raffinato gusto neoclassico delle prime prove (Ritratto di Maria Angela Paganello-Fapanni, 1808, coll. privata), nella maturità guardò ad A. Longhi e alla tradizione secentesca (Ritratto del parroco Giovanni Rado, 1820 ca., Ritratto del parroco Andrea Moro, 1827, Venezia, seminario patriarcale). Gli incarichi più prestigiosi furono la partecipazione, richiestagli da A. Canova, all'omaggio offerto dalle province venete per le nozze dell'imperatore d'Austria Francesco I (Mosè chiede al Faraone la libertà d'Israele, 1818) e il cartone del Giudizio Universale per il mosaico dell’arcone centrale della basilica di San Marco. Lavorò anche per numerose chiese di terraferma (Carpenedo, Martellago, Maerne, Mestre) e del Bergamasco.