Camuccini Vincenzo *
Roma 1771 - 1844
Affidato dal fratello Pietro, collezionista e mercante d’arte, alle cure del pittore D. Corvi, fu introdotto nell’ambiente della cultura tardosettecentesca del salotto romano di A. Kauffmann. Riconducibile a quel contesto è il Paride bambino (1796, Roma, Museo di Villa Borghese) in cui l'ammirazione per il classicismo erudito e sentimentale di G. Hamilton è confortata dallo studio diretto di N. Poussin. Tra il 1790 e il 1797 frequentò l’Accademia dei Pensieri dove poté conoscere i pittori fiorentini P. Benvenuti e L. Sabatelli, il lombardo G. Bossi e gli stranieri F. X. Fabre, J. B. Wicar e M. Muller. Grazie a questi incontri maturò in La morte di Cesare (prima versione, distrutta, 1793; replica, 1816-1817) e in La morte di Virginia (1800 ca.; entrambe a Napoli, Museo di Capodimonte) il di-stacco dalla matrice settecentesca tanto da divenire il portabandiera italiano della pittura di storia, alla maniera di J. L. David. L’artista riuscì a congiungere la severa composizione fortemente disegnata, di stampo davidiano, con un colore ricco e luminoso, reso con pennellate rapide e sicure, derivato dalla tradizione romana. La sua pittura, nella Roma napoleonica e della Restaurazione, si contrappose, in un'antitesi più apparente che reale, allo schieramento di G. Landi, con il quale l'artista si trovò a “gareggiare” in più occasioni: nella chiesa di San Giovanni in Canale di Piacenza (1806-1810) e in Palazzo Baglio ni a Perugia (1807-1816); a Roma (in Palazzo Torlonia, 1810-1816; Palazzo Gabrielli a Montegiordano, 1809-1811 e al Quirinale), dove Camuccini accentuò il tono aulico dei rimandi cinquecenteschi nel Carlo Magno che fonda le prime università italiane e nel Tolomeo Filadelfo istituisce la Biblioteca di Alessandria (1812-1813, Roma, Montecitorio). Nel 1810 visitò Monaco e Parigi dove, a stretto contatto con J. L. David e il suo atelier elaborò la Continenza di Scipione (bozzetto, Cantalupo, Roma, coll. Eredi Camuccini; replica a Vienna, Kunsthistorisches Museum). Ispirati al medesimo rigore e asciuttezza compositiva sono una serie di soggetti romani: Cornelia Madre dei Gracchi (1810-1811, Lucca, Palazzo Ducale), Storie di Attilio Regolo, Pompeo che riceve la spada da Marcello Lentulo per andare contro Cesare (1808-1816), Virgilio che legge l'Eneide ad Augusto (1819 ca.), Le donne romane portano le gioie all'erario (1816-1820), la Partenza di Attilio Regolo (1816-1824, Roma, Museo di Palazzo Braschi), Lucrezia trovata al lavoro da Collatino e dai figliuoli di Tarquinio (1824): tutte opere replicate più volte (studi in coll. Eredi Camuccini, Cantalupo, Roma). Con l’affermarsi della corrente purista iniziò il declino del suo linguaggio classicista e, come nella Conversione di S. Paolo (1835, Roma, basilica di San Paolo), segnato da un violento luminismo di matrice caravaggesca. L’opposizione al suo stile finì per configurarsi nell’ambiente culturale romano in una contrapposizione di politiche culturali, dove Camuccini mantenne comunque un ruolo ufficiale, convalidato da importanti incarichi vaticani ai quali si aggiunsero quelli borbonici. Raffinato e aulico ritrattista, effigiò l’alta società, papi e regnanti, nobili e artisti della Roma di inizio secolo: fra i più noti il Ritratto di Pio VII (1814-1815, Vienna, Kunsthistorisches Museum) e quello della Regina Maria Luisa (Firenze, Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti).