Appiani Andrea *
Milano 1754 - 1817
Affidato quindicenne al pittore C. M. Giudici, poi al frescante milanese A. De Giorgi, completò la propria formazione presso M. Knoller, frequentando inoltre la scuola di pittura dell’Accademia di Brera, ove seguì i corsi di G. Traballesi. Dapprima attivo come pittore di soggetti sacri (Evangelisti e Santi, 1776, Caglio, Como, Parrocchiale) e come scenografo, nel 1779 si affermò con le Storie di Psiche affrescate nella Rotonda della Villa di Monza, ciclo mitologico nel quale il linguaggio neoclassico dell'artista già rivela la sua caratteristica, aggraziata dolcezza, ottenuta attraverso lo studio dell'antico e del classicismo emiliano; il successivo viaggio a Bologna, Firenze e Roma, nel 1791, porterà a maturazione la visione classicista, approfondita sugli esempi dei maestri del Cinquecento e del Seicento. Negli anni '90 l’artista fu sempre più impegnato in importanti imprese decorative milanesi che lo videro attivo nella chiesa di Santa Maria presso San Celso, in Casa Moriggia, in Palazzo Stanga e in Casa Sannazzaro, dove eseguì affreschi con Storie di Apollo (Milano, Pinaco-teca di Brera e Galleria d'Arte Moderna). Dal 1797, con l'avvento della Repubblica Cisalpina, il percorso di Appiani finiva col legarsi strettamente alle vicende napoleoniche, secondo un'adesione profonda che quali-ficò il pittore, accanto a personaggi come L. Piermarini e G. Albertolli, figura chiave della politica artistica francese nell'Italia settentrionale. Mentre assolveva prestigiosi incarichi pubblici quali l’istituzione della Pinacoteca di Brera insieme a G. Bossi, nel 1804 si recava a Parigi per assistere all'incoronazione di Napoleone che, l'anno seguente, lo nominava «Nòtre premier peintre». Abile e ricercato ritrattista (Ritratto di Carolina Pitrot Angelini, 1810-1815, Milano, Pinacoteca Ambrosiana; Anna Maria Porro Lambertenghi, Milano, Galleria d'Arte Moderna) fu capace di immagini sciolte e affettuose quali l’Effigie femminile (Milano, Pinacoteca Ambrosiana) mentre, immortalando funzionari dell'Italia napoleonica (F. Melzi, L.G. Arborio di Breme, A. Fontanelli) o alti ufficiali dell'armata francese (Ritratto del generale Desaix, 1800, castello di Versailles) seppe trovare accenti di rigorosa autorevolezza nei modi di una sorvegliata condotta formale. Da Napoleone Primo Console (Tremezzo, Como, Villa Carlotta) a Napoleone Re d'Italia (1805, Milano, Accademia di Brera), l'artista seguì l’ascesa del Bonaparte celebrandone le imprese con le tempere dei Fasti napoleonici (ciclo iniziato nel 1803 e oggi andato perduto) e affrescando dal 1808 L'apoteosi di Napoleone come Giove Olimpico nel Palazzo Reale di Milano (danneggiato durante la seconda guerra mondiale e oggi nella Villa Carlotta a Tremezzo). Nel 1810, per Eugenio Beauharnais, eseguì il Parnaso in una delle sale della Villa Reale di Milano, affresco oggi custodito nella Galleria d’Arte Moderna. Nel 1815, con la caduta dell'imperatore, l’Appiani si ritirò dalla scena artistica, lasciando incompiuta la decorazione della sala della Lanterna a Palazzo Reale.