Palizzi Filippo *
PALIZZI FILIPPO
Vasto (Chieti) 1818 - Napoli 1899
Giunto a Napoli nel 1836, si iscrisse all'Accademia di Belle Arti passando presto alla scuola privata di G. Bonolis. Sebbene avviato sin dall’inizio alla ripresa diretta del vero, le opere dei primi anni '40 risentivano di una certa durezza calligrafica di matrice accademica. Nel 1839 esordì con successo alla Mostra Borbonica con Studio di animali; nel 1841 presentò Due pastori e Pastore che beve; lo stesso anno fu acquistato dal re II mese di maggio (Napoli, Avvocatura Distrettuale dello Stato). Nel 1841-1842 compì un viaggio in Basilicata, dove eseguì studi di costumi popolari, e fra il 1842 e il 1844 fu in Moldavia, passando per Malta e Costantinopoli: ne riportò vedute di gusto posillipiano, studi di figura e di animali (Veduta della Valletta, 1842, Roma, Galleria Nazionale d'Arte Moderna). Alla Biennale Borbonica del 1851 espose (fuori catalogo) Il Real sito di Carditello (Napoli, Museo di Capodimonte). Manteneva frattanto rapporti assidui con il fratello Giuseppe, attivo in Francia dal 1844; nel 1855 lo raggiunse a Parigi in occasione dell'Esposizione Universale, quindi proseguì il suo viaggio, attraverso l'Europa e l'Italia. Gli aggiornamenti determinatisi via via tra-spaiono nelle opere della seconda metà degli anni '50, dove la realtà viene ricreata a tocco a tocco, con un cromatismo vivo e pastoso; pur nell'attenzione analitica per i dettagli, emerge un fare a macchia essenziale e asciutto (Lavandaie di Sarno, 1856, Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna). Questa tecnica verrà affinata lungo gli anni '60: la pennellata si farà più minuziosa, il colore brillante e la percezione dei valori di tono e di luce, frutto di incessanti sperimentazioni, raggiungerà esiti di grande esattezza naturalistica (Dopo la pioggia, 1864, Roma, Galleria Nazionale d'Arte Moderna). A partire dal 1845 svolse le ricerche en plein air in prevalenza nei dintorni di Cava, dove eseguì numerosi piccoli studi di piante, animali e figure umane, colti nelle diverse condizioni atmosferiche, mettendo a punto un metodo a cui rimarrà sempre fedele. Furono rare le concessioni alla pittura di tema romantico, come l’Ettore Fieramosca del 1856 (Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna; altra redazione a Vasto, Museo Civico). Nel 1861, polemicamente assente dalla I Esposizione Nazionale di Firenze, mise in mostra dodici dipinti nello studio fiorentino di S. Altamura, momento di confronto di estrema importanza nell’evoluzione della pittura realista di quegli anni. Fu tra i fondatori della Promotrice partenopea, alla quale presentò nel 1862 Armenti, nel 1864 l’acquerello Mastino di guardia e nel 1867 Carica di cavalleria (fuori catalogo). Sempre nel 1867 inviò a Parigi diverse opere, fra cui Dopo il diluvio (Napoli, Museo di Capodimonte), virtuosistica esibizione delle sue doti di animalista. Dipinse anche ritratti, soggetti garibaldini e alcuni episodi di battaglia per il principe Amedeo di Savoia, esposti a Torino nel 1870. At
Vasto (Chieti) 1818 - Napoli 1899
Giunto a Napoli nel 1836, si iscrisse all'Accademia di Belle Arti passando presto alla scuola privata di G. Bonolis. Sebbene avviato sin dall’inizio alla ripresa diretta del vero, le opere dei primi anni '40 risentivano di una certa durezza calligrafica di matrice accademica. Nel 1839 esordì con successo alla Mostra Borbonica con Studio di animali; nel 1841 presentò Due pastori e Pastore che beve; lo stesso anno fu acquistato dal re II mese di maggio (Napoli, Avvocatura Distrettuale dello Stato). Nel 1841-1842 compì un viaggio in Basilicata, dove eseguì studi di costumi popolari, e fra il 1842 e il 1844 fu in Moldavia, passando per Malta e Costantinopoli: ne riportò vedute di gusto posillipiano, studi di figura e di animali (Veduta della Valletta, 1842, Roma, Galleria Nazionale d'Arte Moderna). Alla Biennale Borbonica del 1851 espose (fuori catalogo) Il Real sito di Carditello (Napoli, Museo di Capodimonte). Manteneva frattanto rapporti assidui con il fratello Giuseppe, attivo in Francia dal 1844; nel 1855 lo raggiunse a Parigi in occasione dell'Esposizione Universale, quindi proseguì il suo viaggio, attraverso l'Europa e l'Italia. Gli aggiornamenti determinatisi via via tra-spaiono nelle opere della seconda metà degli anni '50, dove la realtà viene ricreata a tocco a tocco, con un cromatismo vivo e pastoso; pur nell'attenzione analitica per i dettagli, emerge un fare a macchia essenziale e asciutto (Lavandaie di Sarno, 1856, Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna). Questa tecnica verrà affinata lungo gli anni '60: la pennellata si farà più minuziosa, il colore brillante e la percezione dei valori di tono e di luce, frutto di incessanti sperimentazioni, raggiungerà esiti di grande esattezza naturalistica (Dopo la pioggia, 1864, Roma, Galleria Nazionale d'Arte Moderna). A partire dal 1845 svolse le ricerche en plein air in prevalenza nei dintorni di Cava, dove eseguì numerosi piccoli studi di piante, animali e figure umane, colti nelle diverse condizioni atmosferiche, mettendo a punto un metodo a cui rimarrà sempre fedele. Furono rare le concessioni alla pittura di tema romantico, come l’Ettore Fieramosca del 1856 (Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna; altra redazione a Vasto, Museo Civico). Nel 1861, polemicamente assente dalla I Esposizione Nazionale di Firenze, mise in mostra dodici dipinti nello studio fiorentino di S. Altamura, momento di confronto di estrema importanza nell’evoluzione della pittura realista di quegli anni. Fu tra i fondatori della Promotrice partenopea, alla quale presentò nel 1862 Armenti, nel 1864 l’acquerello Mastino di guardia e nel 1867 Carica di cavalleria (fuori catalogo). Sempre nel 1867 inviò a Parigi diverse opere, fra cui Dopo il diluvio (Napoli, Museo di Capodimonte), virtuosistica esibizione delle sue doti di animalista. Dipinse anche ritratti, soggetti garibaldini e alcuni episodi di battaglia per il principe Amedeo di Savoia, esposti a Torino nel 1870. At