Induno Domenico *
INDUNO DOMENICO
Milano 1815 - 1878
Proveniente da una famiglia di modeste condizioni economiche, da ragazzo lavorò a Milano presso la bottega dell'orefice L. Cossa, che lo spinse a iscriversi all'Accademia di Brera (1831-1839). Allievo di L. Sabatelli e di P. Marchesi, si distinse presto con apprezzate opere di soggetto storico (Bruto che giura di vendicar la morte di Lucrezia, esposto a Brera nel 1837; Alessandro e il medico Filippo, 1839, Milano, Acca-demia di Brera). F. Hayez seguì con affetto e attenzione le prove del giovane pittore e, procuratogli uno studio nella propria casa, lo avviò al ritratto e lo introdusse nell’ambiente del collezionismo aristocratico lombardo. Con l’Orfanella che sta pregando, esposto a Brera nel 1844, avviò la svolta verso la pittura di genere, inaugurando nello stesso tempo un tipo di rappresentazione, divenuta poi esemplare, di temi di ambiente familiare e di vita quotidiana, elaborati con partecipazione sentimentale, spesso incline al patetismo (La vivandiera, 1846; La Questua, 1850). In queste opere fece uso di una pennellata mobile e sciolta, con colori levigati, utili alla verità della rappresentazione. Con il fratello Gerolamo partecipò ai moti del '48, riparando poi in Svizzera e in Toscana. Tornato a Milano, negli anni '50 espose con regolarità a Brera opere in cui il chiaro intento morale traspariva dal racconto commosso dei sentimenti degli umili, illustrati con attenta definizione degli ambienti e con l'ausilio di forti accensioni chiaroscurali (Il Rosario, 1850, Milano, Galleria d’Arte Moderna; Incendio, 1851, Milano, Galleria d’Arte Moderna; Pane e lagrime, 1851, coll. privata). Dopo l’Unità, consolidò la sua fama con presenze espositive e importanti commissioni (per i Savoia eseguì, fra l’altro, Arrivo del Bollettino della pace di Villafranca, 1861, Roma, Galleria Nazionale d'Arte Moderna). Accanto a molteplici spunti tratti dalle battaglie per l’indipendenza, arricchì i temi di cronaca milanese, più volte replicati anche nel decennio successivo (Scuola di sartine, 1860, Milano, Galleria d'Arte Moderna; Monte di Pietà, 1869, coll. privata). Del 1865 è La posa della prima pietra della Galleria Vittorio Emanuele II (bozzetto a Milano, Galleria d’Arte Moderna), la fortunata tela, realizzata in due versioni. Nelle opere posteriori al 1860 si avverte anche una maggiore attenzione alla resa naturalistica della luce (La lettera, Napoli, Museo di Capodimonte). Avvilito da una malattia che gli toglieva le forze, chiuse lo studio a pochi mesi dalla morte.
Milano 1815 - 1878
Proveniente da una famiglia di modeste condizioni economiche, da ragazzo lavorò a Milano presso la bottega dell'orefice L. Cossa, che lo spinse a iscriversi all'Accademia di Brera (1831-1839). Allievo di L. Sabatelli e di P. Marchesi, si distinse presto con apprezzate opere di soggetto storico (Bruto che giura di vendicar la morte di Lucrezia, esposto a Brera nel 1837; Alessandro e il medico Filippo, 1839, Milano, Acca-demia di Brera). F. Hayez seguì con affetto e attenzione le prove del giovane pittore e, procuratogli uno studio nella propria casa, lo avviò al ritratto e lo introdusse nell’ambiente del collezionismo aristocratico lombardo. Con l’Orfanella che sta pregando, esposto a Brera nel 1844, avviò la svolta verso la pittura di genere, inaugurando nello stesso tempo un tipo di rappresentazione, divenuta poi esemplare, di temi di ambiente familiare e di vita quotidiana, elaborati con partecipazione sentimentale, spesso incline al patetismo (La vivandiera, 1846; La Questua, 1850). In queste opere fece uso di una pennellata mobile e sciolta, con colori levigati, utili alla verità della rappresentazione. Con il fratello Gerolamo partecipò ai moti del '48, riparando poi in Svizzera e in Toscana. Tornato a Milano, negli anni '50 espose con regolarità a Brera opere in cui il chiaro intento morale traspariva dal racconto commosso dei sentimenti degli umili, illustrati con attenta definizione degli ambienti e con l'ausilio di forti accensioni chiaroscurali (Il Rosario, 1850, Milano, Galleria d’Arte Moderna; Incendio, 1851, Milano, Galleria d’Arte Moderna; Pane e lagrime, 1851, coll. privata). Dopo l’Unità, consolidò la sua fama con presenze espositive e importanti commissioni (per i Savoia eseguì, fra l’altro, Arrivo del Bollettino della pace di Villafranca, 1861, Roma, Galleria Nazionale d'Arte Moderna). Accanto a molteplici spunti tratti dalle battaglie per l’indipendenza, arricchì i temi di cronaca milanese, più volte replicati anche nel decennio successivo (Scuola di sartine, 1860, Milano, Galleria d'Arte Moderna; Monte di Pietà, 1869, coll. privata). Del 1865 è La posa della prima pietra della Galleria Vittorio Emanuele II (bozzetto a Milano, Galleria d’Arte Moderna), la fortunata tela, realizzata in due versioni. Nelle opere posteriori al 1860 si avverte anche una maggiore attenzione alla resa naturalistica della luce (La lettera, Napoli, Museo di Capodimonte). Avvilito da una malattia che gli toglieva le forze, chiuse lo studio a pochi mesi dalla morte.