D'Ancona Vito *

D’ANCONA VITO
Pesaro 1825 - Firenze 1884
Nato da una famiglia agiata, giunse a Firenze nel 1844 per frequentare l’Accademia di Belle Arti, dove studiò con G. Bezzuoli. Esordi nel 1846 con La preghiera, uno «studio dal vero», come indicato nel catalogo dell’Esposizione fiorentina. Nel 1851 presentò alla Promotrice di Firenze l’acquerello con il Ritratto di Gioacchino Rossini, suo compatriota e amico di famiglia. Giovane colto e partecipe dei fermenti innovativi della società europea, fin dai primi anni ’50 spronò gli amici del Caffè Michelangiolo alla conoscenza della. letteratura e della filosofia francesi contemporanee. Nel 1856 trascorse con T. Signorini un periodo di studio a Venezia; al ritorno espose a Genova un Ritorno dal ballo, uno dei primi soggetti di vita contemporanea, al quale, nel 1857, seguì Le maschere, noto attraverso un bozzetto (Firenze, Galleria d'Arte Moderna di Palazzo Pitti). Non tralasciò comunque la ricerca sul tema di storia tanto che nel 1861 alla prima Esposizione Italiana presentò un soggetto desunto dalla vita di Dante. Ai primi anni '60 risale uno dei rari di-pinti che, insieme alla Signora in giardino (coll. privata), indicano la sua adesione alla poetica macchiaiola: si tratta di Portico (Firenze, Galleria d'Arte Moderna di Palazzo Pitti). In L'esilio di Giano della Bella (1864, coll. privata) si ha un esempio di come l’artista in quegli anni fosse impegnato ad applicare anche al quadro di storia le ricerche analitiche e luministiche della “macchia”. Nel 1865 si trasferì a Parigi, e lì si dedicò essenzialmente a temi intimi e domestici, legati alla vita agiata della famiglia del fratello, che lo ospitava: La finestra sul pomaio, Al pianoforte, Signora in conversazione, quadri resi con una pennellata intrisa d’aria e di luce. Nel frattempo cominciò a eseguire nudi di donna (Nudo, 1873, Milano, Galleria d’Arte Moderna), tema che non avrebbe più abbandonato e che col tempo avrebbe condotto con una maniera sempre più tornita e compatta. Tornato a Firenze nel 1874, anche a causa della malattia che presto lo condurrà alla morte, si impegnò in molte battaglie culturali, come quella tesa a impedire il crescente accentramento a Roma della vita artistica dell’Italia post-unitaria. Frattanto il suo stile si era fatto discontinuo: accanto a dipinti “impressionisti” come Le corse alle Cascine (coll. privata), eseguì opere pacate e solenni come Paesaggio toscano (già raccolta R. Carnielo). Dal 1878 alla morte, le sofferenze procurategli dalla malattia gli impedirono quasi del tutto di lavorare.
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