Carnovali Giovanni (Il Piccio) *
CARNOVALI GIOVANNI (IL PICCIO)
Montegrino (Varese) 1804 - Coltaro (Parma) 1874
L’artista mantenne il soprannome di “piccolo” (piccio in dialetto) fin dall'infanzia che trascorse ad Albino, nel bergamasco, dove il padre lavorava per il conte G. Spini. Su incoraggiamento di questi si iscrisse all'Accademia Carrara di Bergamo dove, fra il 1815 e il 1820, frequentò la scuola di G. Diotti. Nel 1826 esordì all’Esposizione dell'Accademia con il Ritratto di Giovanni Matrone da Ponte (ivi conservato) e ottenne la prima commissione pubblica, L'educazione della Vergine per la Parrocchiale di Amenno (Bergamo), opera che risente dello studio di B. Luini e dell’esempio di A. Appiani. Nel 1831, terminate a Bergamo le decorazioni, oggi perdute, di Palazzo Zanchi e di Palazzo Spini, partì per un viaggio a piedi che lo condusse a Roma, dove poté studiare Raffaello e, sulla via del ritorno, le opere di Correggio a Parma. Stabilitosi a Cremona, Carnovali avviò una stagione di intensa attività: presente ripetutamente nel decennio successivo alle mostre dell'Accademia Carrara, nel 1836 prendeva studio a Milano, ove due anni dopo partecipava alla Mostra braidense con un gruppo di tre Ritratti, una Madonna e una Scena tratta dall'Aminta. Risalgono a tale periodo alcuni dei suoi ritratti più famosi come quello di Giovanni Beltrami (Cremona, Museo Civico), il Ritratto di Guglielmo Lochis del 1835 e il Ritratto di Anastasia Spini del 1838 (entrambi a Bergamo, Accademia Carrara). Se nei ritratti rivelava l'attenta meditazione sulla grande ritrat-tistica bergamasca, dal Morone a Ceresa, nelle opere di soggetto biblico e letterario degli stessi anni (La morte di Aminta, Il ripudio di Agar, entrambe in coll. privata,), l'artista prendeva le distanze dalle consuetudini accademiche per trarre dai modelli antichi forme sempre più libere. Tendenza che progredì dopo un viaggio a Parigi compiuto forse in compagnia di G. Trécourt e dopo il contatto con le opere di E. Delacroix e dei paesaggisti di Barbizon (La fuga in Egitto, 1849, Milano, Galleria d’Arte Moderna). Nuovamente a Roma nel 1855, in compagnia di F. Faruffini, si spinse fino a Gaeta e a Napoli. Nelle opere degli anni seguenti, l’artista abbandonò ogni intento descrittivo per una condotta tutta emotiva (Mosè salvato dalle acque, coll. privata) e accentuò i valori cromatici e luministici in una crescente dissoluzione della consistenza plastica del modellato (Autoritratto, 1864, coll. privata; Bagnante, 1869, Milano, Galleria d'Arte Moderna). L'evoluzione del suo stile determinò anche dei dissensi con i committenti come nel 1863 per l'Agar nel deserto, rifiutata dai Fabbricieri di Alzano Maggiore, e poi acquistata dall'amico mecenate D. Farina (Bergamo, Accademia Carrara). I ritratti degli anni '60 (Gigia Riccardi, Bergamo, Accademia Carrara; Daniele Farina, 1869) costituiranno un esemplare punto di riferimento per la Scapigliatura. Isolato ma sorretto da una ristretta e fedele cerchia di estimatori, Carnovali moriva annegato nel Po nelle vicinanze di Coltaro.
Montegrino (Varese) 1804 - Coltaro (Parma) 1874
L’artista mantenne il soprannome di “piccolo” (piccio in dialetto) fin dall'infanzia che trascorse ad Albino, nel bergamasco, dove il padre lavorava per il conte G. Spini. Su incoraggiamento di questi si iscrisse all'Accademia Carrara di Bergamo dove, fra il 1815 e il 1820, frequentò la scuola di G. Diotti. Nel 1826 esordì all’Esposizione dell'Accademia con il Ritratto di Giovanni Matrone da Ponte (ivi conservato) e ottenne la prima commissione pubblica, L'educazione della Vergine per la Parrocchiale di Amenno (Bergamo), opera che risente dello studio di B. Luini e dell’esempio di A. Appiani. Nel 1831, terminate a Bergamo le decorazioni, oggi perdute, di Palazzo Zanchi e di Palazzo Spini, partì per un viaggio a piedi che lo condusse a Roma, dove poté studiare Raffaello e, sulla via del ritorno, le opere di Correggio a Parma. Stabilitosi a Cremona, Carnovali avviò una stagione di intensa attività: presente ripetutamente nel decennio successivo alle mostre dell'Accademia Carrara, nel 1836 prendeva studio a Milano, ove due anni dopo partecipava alla Mostra braidense con un gruppo di tre Ritratti, una Madonna e una Scena tratta dall'Aminta. Risalgono a tale periodo alcuni dei suoi ritratti più famosi come quello di Giovanni Beltrami (Cremona, Museo Civico), il Ritratto di Guglielmo Lochis del 1835 e il Ritratto di Anastasia Spini del 1838 (entrambi a Bergamo, Accademia Carrara). Se nei ritratti rivelava l'attenta meditazione sulla grande ritrat-tistica bergamasca, dal Morone a Ceresa, nelle opere di soggetto biblico e letterario degli stessi anni (La morte di Aminta, Il ripudio di Agar, entrambe in coll. privata,), l'artista prendeva le distanze dalle consuetudini accademiche per trarre dai modelli antichi forme sempre più libere. Tendenza che progredì dopo un viaggio a Parigi compiuto forse in compagnia di G. Trécourt e dopo il contatto con le opere di E. Delacroix e dei paesaggisti di Barbizon (La fuga in Egitto, 1849, Milano, Galleria d’Arte Moderna). Nuovamente a Roma nel 1855, in compagnia di F. Faruffini, si spinse fino a Gaeta e a Napoli. Nelle opere degli anni seguenti, l’artista abbandonò ogni intento descrittivo per una condotta tutta emotiva (Mosè salvato dalle acque, coll. privata) e accentuò i valori cromatici e luministici in una crescente dissoluzione della consistenza plastica del modellato (Autoritratto, 1864, coll. privata; Bagnante, 1869, Milano, Galleria d'Arte Moderna). L'evoluzione del suo stile determinò anche dei dissensi con i committenti come nel 1863 per l'Agar nel deserto, rifiutata dai Fabbricieri di Alzano Maggiore, e poi acquistata dall'amico mecenate D. Farina (Bergamo, Accademia Carrara). I ritratti degli anni '60 (Gigia Riccardi, Bergamo, Accademia Carrara; Daniele Farina, 1869) costituiranno un esemplare punto di riferimento per la Scapigliatura. Isolato ma sorretto da una ristretta e fedele cerchia di estimatori, Carnovali moriva annegato nel Po nelle vicinanze di Coltaro.