Gandolfo Giuseppe *
Catania 1792 - 1855
Nel 1819 si trasferì a Roma dove strinse rapporti con il pittore trapanese G. Errante. L’anno successivo si spostò a Firenze, alla scuola di P. Benvenuti, formandosi a un accademismo neoclassico che costituirà il fon-damento di tutto il suo stile successivo. In Toscana, grazie ai buoni uffici del cardinale Opizzone, poté lavorare per l’aristocrazia lorenese e dedicarsi nello stesso tempo allo studio dei maestri del Cinquecento, misurandosi con i suoi primi temi mitologici (Apollo assiso sotto l'albero che suona la cetra, Telemaco presentato da Mentore a Idomeneo). Nel 1822, a causa della salute malferma, fu costretto a tornare in patria, trovando buona accoglienza come ritrattista della borghesia e della aristocrazia catanesi, tanto da riuscire presto a competere con la già affermata scuola palermitana di T. Riolo e di G. Patania. La sua maniera, soprattutto nella fase matura, si mantenne legata a una rigorosa impostazione neoclassica, ravvivata dalla finezza di esecuzione e dall’attenta resa dell’ambientazione: ne sono esempio particolarmente alcuni ritratti conservati a Catania nel Museo Civico (Autoritratto in veste di contadino; Carmelo Mirone, 1839; Raffaello Zappalà Finocchiaro, 1844; Clementina Gandolfo) e in collezione privata (Fernanda Grifeo duchessa di Carcaci; Lucrezia Tedeschi principessa di Biscari). Il Ritratto di Emanuele Rossi si trova nelle raccolte dell’Accademia Zelantea ad Acireale, dove si conserva anche un paesaggio dal titolo Chiaro di luna, che l’artista replicò più volte.