Tito Ettore *
TITO ETTORE
Castellammare del Golfo (Trapani) 1859 - Venezia 1941
Ricevette i primi insegnamenti artistici a Napoli, dall'olandese C. Van Haanen; nel 1871, grazie al precoce talento, fu ammesso all’Accademia di Venezia dove compì un brillante alunnato sotto la guida di P. M. Molmenti. All'esordio si inserì nel filone delle scene popolari veneziane e delle rievocazioni settecentesche dominato, sia nello stile sia nei soggetti, da G. Favretto; frattanto, il sodalizio con P. Fragiacomo portò a comuni esperienze di pittura “dal vero”. Le opere di quegli anni furono dunque ispirate al naturalismo favrettiano, oltre che al macchiettismo di M. Fortuny; quelle degli anni '80 furono caratterizzate da in-novativi tagli fotografici e dall'assenza di sentimentalismo, come Marietta (1883, Praga, Galleria Nazionale), La chiromante (1886, coll. privata) e La pescheria vecchia, esposto a Venezia con grande successo nel 1887. In seguito lo stile di Tito aderì sempre più al tardo Impressionismo internazionale (Sulla laguna, 1897, Venezia, Galleria d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro), grazie anche ai frequenti viaggi a Londra, alla partecipazione alle esposizioni internazionali e alla confidenza con l'ambiente cosmopolita veneziano, dove conobbe J. S. Sargent e A. Mancini e si legò in particolare con A. Zorn. Aderì quindi a un Simbolismo di matrice tedesca, fortemente influenzato dal clima della Secessione di Monaco (La toilette, Il lago di Alleghe, esposti a Monaco nel 1893). Puntuale la sua presenza alle biennali veneziane: nel 1895 presentò Proces-sione e La ruota della Fortuna, un’opera simbolista che creò scandalo per la sensuale “verità” dei nudi; nel 1901, Biancheria al vento, Chioggia e Sulla diga, opere dal solare carattere mediterraneo. A partire dal boldiniano ritratto della moglie, L'amazzone (esposto a Milano nel 1906), si impose anche come ritrattista di successo internazionale (Cenni Rucellai, coll. privata) e si avviò a interpretare il ruolo di erede ri-conosciuto della grande civiltà figurativa veneziana nei dipinti celebrativi (L'Italia erede e custode dei tesori marittimi di Venezia, 1910, Venezia, Galleria d'Arte Moderna di Ca' Pesaro) e nelle grandi imprese decorative di gusto neobarocco.
Castellammare del Golfo (Trapani) 1859 - Venezia 1941
Ricevette i primi insegnamenti artistici a Napoli, dall'olandese C. Van Haanen; nel 1871, grazie al precoce talento, fu ammesso all’Accademia di Venezia dove compì un brillante alunnato sotto la guida di P. M. Molmenti. All'esordio si inserì nel filone delle scene popolari veneziane e delle rievocazioni settecentesche dominato, sia nello stile sia nei soggetti, da G. Favretto; frattanto, il sodalizio con P. Fragiacomo portò a comuni esperienze di pittura “dal vero”. Le opere di quegli anni furono dunque ispirate al naturalismo favrettiano, oltre che al macchiettismo di M. Fortuny; quelle degli anni '80 furono caratterizzate da in-novativi tagli fotografici e dall'assenza di sentimentalismo, come Marietta (1883, Praga, Galleria Nazionale), La chiromante (1886, coll. privata) e La pescheria vecchia, esposto a Venezia con grande successo nel 1887. In seguito lo stile di Tito aderì sempre più al tardo Impressionismo internazionale (Sulla laguna, 1897, Venezia, Galleria d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro), grazie anche ai frequenti viaggi a Londra, alla partecipazione alle esposizioni internazionali e alla confidenza con l'ambiente cosmopolita veneziano, dove conobbe J. S. Sargent e A. Mancini e si legò in particolare con A. Zorn. Aderì quindi a un Simbolismo di matrice tedesca, fortemente influenzato dal clima della Secessione di Monaco (La toilette, Il lago di Alleghe, esposti a Monaco nel 1893). Puntuale la sua presenza alle biennali veneziane: nel 1895 presentò Proces-sione e La ruota della Fortuna, un’opera simbolista che creò scandalo per la sensuale “verità” dei nudi; nel 1901, Biancheria al vento, Chioggia e Sulla diga, opere dal solare carattere mediterraneo. A partire dal boldiniano ritratto della moglie, L'amazzone (esposto a Milano nel 1906), si impose anche come ritrattista di successo internazionale (Cenni Rucellai, coll. privata) e si avviò a interpretare il ruolo di erede ri-conosciuto della grande civiltà figurativa veneziana nei dipinti celebrativi (L'Italia erede e custode dei tesori marittimi di Venezia, 1910, Venezia, Galleria d'Arte Moderna di Ca' Pesaro) e nelle grandi imprese decorative di gusto neobarocco.