Tedesco Michele *
TEDESCO MICHELE
Moliterno (Potenza) 1834 - Napoli 1918
Studiò all’Accademia di Belle Arti di Napoli sotto la guida di R. Postiglione e di G. Maldarelli. Nel 1859 espose alla Mostra Borbonica il piccolo dipinto IIdegonda insieme alla tela II paggio Folchetto, apprezzato dalla critica per la «pacatezza di luce» e per la «profonda malinconia». Arruolatosi nella Guardia Nazionale, esperienza a cui è legato Prigionieri borbonici sulla linea del Volturno (Roma, Museo Centrale del Risorgimento), giunse nel 1860 a Firenze. Qui, insieme al napoletano G. Abbati, si legò presto agli artisti del Caffè Michelangiolo e nell'estate del 1861 fu con T. Signorini e Abbati tra i primi ospiti della casa di D. Martelli a Castiglioncello. Il rapporto si protrasse anche negli anni seguenti (A Volterra, già nella coll. Martelli, Firenze, Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti), animati dal fervore dei dibattiti artistici. Nel frattempo affiancò dipinti di soggetto storico-romantico (Buondelmonte, esposto a Torino nel 1862) a quadri di figura dove si possono cogliere riferimenti alla poetica della Scuola di Piagentina (Una ricreazione alle Cascine di Firenze, 1863, Bologna, Galleria Comunale d'Arte Moderna), seguiti da un interesse per la cultura purista (I viaggiatori aerei, esposto a Torino nel 1865, Torino, Museo Civico) e recuperi classicisti e biedermeier (Ragazza nella propria camera, esposto a Milano nel 1872, Milano, Galleria d’Arte Moderna). Nel 1874 sposò la pittrice J. Hoffmann, grazie alla quale si avvicinò al mondo artistico tedesco. Dopo un soggiorno a Roma, si stabilì definitivamente a Portici, vicino a Napoli, riprendendo anche i contatti con i luoghi d'origine. Restò legato alla pittura di storia e ai temi di realismo domestico, come Un figlio naturale, esposto a Napoli nel 1877 e definito da F. Netti un «grande acquerello ben incominciato» o II testamento fraudolento, esposto a Roma nel 1883 (Ascoli Piceno, Pinacoteca Civica). Nel 1892 ottenne la cattedra di figura all’Accademia di Napoli.
Moliterno (Potenza) 1834 - Napoli 1918
Studiò all’Accademia di Belle Arti di Napoli sotto la guida di R. Postiglione e di G. Maldarelli. Nel 1859 espose alla Mostra Borbonica il piccolo dipinto IIdegonda insieme alla tela II paggio Folchetto, apprezzato dalla critica per la «pacatezza di luce» e per la «profonda malinconia». Arruolatosi nella Guardia Nazionale, esperienza a cui è legato Prigionieri borbonici sulla linea del Volturno (Roma, Museo Centrale del Risorgimento), giunse nel 1860 a Firenze. Qui, insieme al napoletano G. Abbati, si legò presto agli artisti del Caffè Michelangiolo e nell'estate del 1861 fu con T. Signorini e Abbati tra i primi ospiti della casa di D. Martelli a Castiglioncello. Il rapporto si protrasse anche negli anni seguenti (A Volterra, già nella coll. Martelli, Firenze, Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti), animati dal fervore dei dibattiti artistici. Nel frattempo affiancò dipinti di soggetto storico-romantico (Buondelmonte, esposto a Torino nel 1862) a quadri di figura dove si possono cogliere riferimenti alla poetica della Scuola di Piagentina (Una ricreazione alle Cascine di Firenze, 1863, Bologna, Galleria Comunale d'Arte Moderna), seguiti da un interesse per la cultura purista (I viaggiatori aerei, esposto a Torino nel 1865, Torino, Museo Civico) e recuperi classicisti e biedermeier (Ragazza nella propria camera, esposto a Milano nel 1872, Milano, Galleria d’Arte Moderna). Nel 1874 sposò la pittrice J. Hoffmann, grazie alla quale si avvicinò al mondo artistico tedesco. Dopo un soggiorno a Roma, si stabilì definitivamente a Portici, vicino a Napoli, riprendendo anche i contatti con i luoghi d'origine. Restò legato alla pittura di storia e ai temi di realismo domestico, come Un figlio naturale, esposto a Napoli nel 1877 e definito da F. Netti un «grande acquerello ben incominciato» o II testamento fraudolento, esposto a Roma nel 1883 (Ascoli Piceno, Pinacoteca Civica). Nel 1892 ottenne la cattedra di figura all’Accademia di Napoli.