Pasini Alberto*
PASINI ALBERTO
Busseto (Parma) 1826 - Cavoretto (Torino) 1899
Orfano di padre a due anni, si trasferì con la famiglia a Parma, dove fu posto sotto la protezione dello zio, il pittore A. Pasini. Diciassettenne si iscrisse all’Accademia, frequentando nel 1848 il corso di disegno, fondamentale preparazione a quell'esattezza grafica che sarà una delle cifre distintive della sua pittura. Dopo gli inizi come disegnatore e litografo, nel 1851 lasciò Parma per Parigi, attratto da più ampie prospettive. Nella capitale francese, oltre a frequentare i Barbizonniers (Tramonto sulla Senna, 1853; Tramonto a Fontainebleau, 1854; Pascolo nella campagna francese, 1854, Parma, Pinacoteca Stuard), lavorò per il maggiore studio francese di litografia (E. Ciceri). Nel 1853 partecipò al Salon con La sera e, forte del successo, entrò l’anno dopo nel prestigioso studio di T. Chassériau, grazie al quale partecipò come pittore documentarista a una missione diplomatica in Persia (1855-1856). Al suo rientro a Parigi, le memorie esotiche del viaggio divennero il tema dominante dei suoi quadri (Carovana in partenza, Rovine classiche nel deserto, entrambi a Parma, Galleria Nazionale). Il tono favolistico, il gusto per la ricostruzione dei luoghi e lo studio preciso dei volumi, la vivacità delle figure, la pennellata pastosa e la luminosità della tavolozza, gli garantirono il successo parigino(anche per il tramite del mercante A. Goupil), ma non ridussero l'ostilità della critica ufficiale italiana, nonostante la partecipazione alle mostre di Torino, Firenze, Parma. Pittore fertilissimo e richiesto dal mercato, sarà considerato il maggior orientalista italiano: i frequenti viaggi gli permisero di conoscere a fondo i luoghi visitati, conferendo ai suoi dipinti un valore di documentazione, esente da quella facile piacevolezza propria del genere (Moschea di Costantinopoli, Busseto, Museo Civico; Alambra a Granada, Torino, Galleria Civica d'Arte Moderna). Nel 1870, la guerra franco-prussiana lo spinse a tornare in Italia, dove prese residenza in una grande villa (la “Rabajà”) presso Torino. Nel 1876 si fermò a Venezia e ne trasse nuovi soggetti per i suoi dipinti (Venezia, Canal Grande, 1881,Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna). Negli anni '80 (Autoritratto, 1888, Firenze, Uffizi) tornò all'acquerello. Nel 1896 comparve per l’ultima volta al Salon di Parigi e nel 1898 presentò alla Nazionale di Torino duecento studi inediti dal vero.
Busseto (Parma) 1826 - Cavoretto (Torino) 1899
Orfano di padre a due anni, si trasferì con la famiglia a Parma, dove fu posto sotto la protezione dello zio, il pittore A. Pasini. Diciassettenne si iscrisse all’Accademia, frequentando nel 1848 il corso di disegno, fondamentale preparazione a quell'esattezza grafica che sarà una delle cifre distintive della sua pittura. Dopo gli inizi come disegnatore e litografo, nel 1851 lasciò Parma per Parigi, attratto da più ampie prospettive. Nella capitale francese, oltre a frequentare i Barbizonniers (Tramonto sulla Senna, 1853; Tramonto a Fontainebleau, 1854; Pascolo nella campagna francese, 1854, Parma, Pinacoteca Stuard), lavorò per il maggiore studio francese di litografia (E. Ciceri). Nel 1853 partecipò al Salon con La sera e, forte del successo, entrò l’anno dopo nel prestigioso studio di T. Chassériau, grazie al quale partecipò come pittore documentarista a una missione diplomatica in Persia (1855-1856). Al suo rientro a Parigi, le memorie esotiche del viaggio divennero il tema dominante dei suoi quadri (Carovana in partenza, Rovine classiche nel deserto, entrambi a Parma, Galleria Nazionale). Il tono favolistico, il gusto per la ricostruzione dei luoghi e lo studio preciso dei volumi, la vivacità delle figure, la pennellata pastosa e la luminosità della tavolozza, gli garantirono il successo parigino(anche per il tramite del mercante A. Goupil), ma non ridussero l'ostilità della critica ufficiale italiana, nonostante la partecipazione alle mostre di Torino, Firenze, Parma. Pittore fertilissimo e richiesto dal mercato, sarà considerato il maggior orientalista italiano: i frequenti viaggi gli permisero di conoscere a fondo i luoghi visitati, conferendo ai suoi dipinti un valore di documentazione, esente da quella facile piacevolezza propria del genere (Moschea di Costantinopoli, Busseto, Museo Civico; Alambra a Granada, Torino, Galleria Civica d'Arte Moderna). Nel 1870, la guerra franco-prussiana lo spinse a tornare in Italia, dove prese residenza in una grande villa (la “Rabajà”) presso Torino. Nel 1876 si fermò a Venezia e ne trasse nuovi soggetti per i suoi dipinti (Venezia, Canal Grande, 1881,Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna). Negli anni '80 (Autoritratto, 1888, Firenze, Uffizi) tornò all'acquerello. Nel 1896 comparve per l’ultima volta al Salon di Parigi e nel 1898 presentò alla Nazionale di Torino duecento studi inediti dal vero.