Longoni Emilio *
LONGONI EMILIO
Barlassina (Milano) 1859 - Milano 1932
Di famiglia assai povera, dovette fare diversi lavori umili per vivere, ma dal 1876 poté frequentare i corsi di G. Strambio, G. Bertini e R. Casnedi alla milanese Accademia di Brera, dove nel 1880 esordì con Interno di una stalla e Paesaggio (perduti). Nel 1882, dopo una breve parentesi napoletana, venne introdotto dall’a-mico G. Segantini nella galleria di V. Grubicy De Dragon, ma il sodalizio ebbe breve vita perché Longoni non accettò che le sue tele, secondo una consuetudine di mercato, fossero presentate con la firma di Segantini, artista più affermato. Assiduo alle mostre milanesi con nature morte alla maniera di L. Scrosati (Cocomeri e poponi, 1886, Milano, Galleria d’Arte Moderna), nel 1888 presentò all’Esposizione di Brera Chiusi fuori da scuola (coll. privata; replica a Milano, Pinacoteca Ambrosiana), che dava il via a una serie di opere attente a tematiche sociali scottanti. Avvicinatosi all’ambiente del socialismo milanese, nel 1891 presentava alla prima Triennale di Brera anche la tela L'oratore dello sciopero (coll. privata), una delle sue prime prove di tecnica divisionista. Utilizzò poi la pennellata divisa sia in opere di esplicita denuncia sociale, come Le riflessioni di un affamato (esposto alla Triennale di Milano nel 1894, Biella, Museo Civico), che lo fece schedare dalla polizia come «pittore degli anarchici», sia in grandi tele di paesaggio (L'isola di San Giulio, 1895-1903, Barlassina, coll. Banca di Credito Cooperativo). Sul volgere del secolo il pittore fece proprie le suggestive atmosfere simboliste (Sola!, 1900, Milano, coll. Casa di Lavoro e Patronato per i Ciechi di Guerra di Lombardia). Si andava intanto evidenziando l’attrazione per i soggetti di alta montagna, ripresi in sempre più frequenti soggiorni tra i ghiacciai del Bernina e del Disgrazia; nel 1906 espose a Brera Ghiacciaio, ma rifiutò polemicamente il premio Principe Umberto che era stato assegnato alla tela. Le immagini deserte e silenziose, nelle quali sembrava riflettersi l’ascesi spirituale dell’autore, avvicinatosi alla meditazione orientale, divennero col procedere degli anni il campo di sperimentazione di suggestivi effetti di trasparenza e dissolvenze luminose, già riconoscibili in Trasparenze alpine (esposto alla Biennale di Venezia del 1910, Milano, Galleria d’Arte Moderna).
Barlassina (Milano) 1859 - Milano 1932
Di famiglia assai povera, dovette fare diversi lavori umili per vivere, ma dal 1876 poté frequentare i corsi di G. Strambio, G. Bertini e R. Casnedi alla milanese Accademia di Brera, dove nel 1880 esordì con Interno di una stalla e Paesaggio (perduti). Nel 1882, dopo una breve parentesi napoletana, venne introdotto dall’a-mico G. Segantini nella galleria di V. Grubicy De Dragon, ma il sodalizio ebbe breve vita perché Longoni non accettò che le sue tele, secondo una consuetudine di mercato, fossero presentate con la firma di Segantini, artista più affermato. Assiduo alle mostre milanesi con nature morte alla maniera di L. Scrosati (Cocomeri e poponi, 1886, Milano, Galleria d’Arte Moderna), nel 1888 presentò all’Esposizione di Brera Chiusi fuori da scuola (coll. privata; replica a Milano, Pinacoteca Ambrosiana), che dava il via a una serie di opere attente a tematiche sociali scottanti. Avvicinatosi all’ambiente del socialismo milanese, nel 1891 presentava alla prima Triennale di Brera anche la tela L'oratore dello sciopero (coll. privata), una delle sue prime prove di tecnica divisionista. Utilizzò poi la pennellata divisa sia in opere di esplicita denuncia sociale, come Le riflessioni di un affamato (esposto alla Triennale di Milano nel 1894, Biella, Museo Civico), che lo fece schedare dalla polizia come «pittore degli anarchici», sia in grandi tele di paesaggio (L'isola di San Giulio, 1895-1903, Barlassina, coll. Banca di Credito Cooperativo). Sul volgere del secolo il pittore fece proprie le suggestive atmosfere simboliste (Sola!, 1900, Milano, coll. Casa di Lavoro e Patronato per i Ciechi di Guerra di Lombardia). Si andava intanto evidenziando l’attrazione per i soggetti di alta montagna, ripresi in sempre più frequenti soggiorni tra i ghiacciai del Bernina e del Disgrazia; nel 1906 espose a Brera Ghiacciaio, ma rifiutò polemicamente il premio Principe Umberto che era stato assegnato alla tela. Le immagini deserte e silenziose, nelle quali sembrava riflettersi l’ascesi spirituale dell’autore, avvicinatosi alla meditazione orientale, divennero col procedere degli anni il campo di sperimentazione di suggestivi effetti di trasparenza e dissolvenze luminose, già riconoscibili in Trasparenze alpine (esposto alla Biennale di Venezia del 1910, Milano, Galleria d’Arte Moderna).