Gonin Francesco *
GONIN FRANCESCO
Torino 1808 - Giaveno (Torino) 1889
Artista eclettico e personalità di spicco della vita culturale torinese, fu pittore, litografo, scenografo e costumista. Dopo gli studi alla torinese Accademia Albertina, con G. B. Biscarra e L. Vacca, completò la propria formazione pittorica a Milano e a Parigi, nel 1835, attento agli esempi del Romanticismo accademico francese. Si affermò soprattutto per i soggetti storici, attinti da A. Manzoni (Gertrude spaventata al comparire del padre, esposto a Milano nel 1835) o dai romanzi di W. Scott, T. Grossi e M. d’Azeglio; e si dedicò anche alla scena di genere e al ritratto (Famiglia fiamminga nel secolo XVII, 1862; Ritratto di Massimo d’Azeglio, 1866, Torino, Galleria Civica d’Arte Moderna). Nei rari paesaggi aderì a un Romanticismo di ascendenza nordica, con forti accenti emozionali anche nella scelta dei soggetti (La Rocca di Sapay presso Viù, 1850, Torino, Galleria Civica d’Arte Moderna). Decorò in forme eclettiche edifici religiosi e civili (chiesa di San Massimo, Torino, 1853; sala d’aspetto della Stazione di Porta Nuova, Torino, 1864). Accreditato a corte, lavorò fino al 1842 nelle residenze sabaude, realizzando dipinti e affreschi come membro dell’équipe diretta da P. Palagi. Fu molto ricercato dall'aristocrazia e dalla borghesia di Torino: fra il 1844 e il 1856 eseguì oltre duecento ritratti ad acquerello. Eseguì anche dipinti di circostanza (La morte di Carlo Alberto, 1850) e commemorativi (La partenza delle truppe italo-francesi da Chieri, Chieri, Municipio), che realizzò nei modi comuni della pittura ufficiale del tempo. Come litografo, acquistò grande notorietà con l’edizione dei Promessi Sposi pubblicata nel 1840. Il fratello maggiore, Enrico (Torino 1799-1870), fu pittore paesaggista e abile incisore. Dotato di una fresca vena inventiva, debuttò alla Promotrice di Torino nel 1842. Oscurato dalla fama di Francesco, è ricordato soprattutto per una serie di litografie con vedute torinesi.
Torino 1808 - Giaveno (Torino) 1889
Artista eclettico e personalità di spicco della vita culturale torinese, fu pittore, litografo, scenografo e costumista. Dopo gli studi alla torinese Accademia Albertina, con G. B. Biscarra e L. Vacca, completò la propria formazione pittorica a Milano e a Parigi, nel 1835, attento agli esempi del Romanticismo accademico francese. Si affermò soprattutto per i soggetti storici, attinti da A. Manzoni (Gertrude spaventata al comparire del padre, esposto a Milano nel 1835) o dai romanzi di W. Scott, T. Grossi e M. d’Azeglio; e si dedicò anche alla scena di genere e al ritratto (Famiglia fiamminga nel secolo XVII, 1862; Ritratto di Massimo d’Azeglio, 1866, Torino, Galleria Civica d’Arte Moderna). Nei rari paesaggi aderì a un Romanticismo di ascendenza nordica, con forti accenti emozionali anche nella scelta dei soggetti (La Rocca di Sapay presso Viù, 1850, Torino, Galleria Civica d’Arte Moderna). Decorò in forme eclettiche edifici religiosi e civili (chiesa di San Massimo, Torino, 1853; sala d’aspetto della Stazione di Porta Nuova, Torino, 1864). Accreditato a corte, lavorò fino al 1842 nelle residenze sabaude, realizzando dipinti e affreschi come membro dell’équipe diretta da P. Palagi. Fu molto ricercato dall'aristocrazia e dalla borghesia di Torino: fra il 1844 e il 1856 eseguì oltre duecento ritratti ad acquerello. Eseguì anche dipinti di circostanza (La morte di Carlo Alberto, 1850) e commemorativi (La partenza delle truppe italo-francesi da Chieri, Chieri, Municipio), che realizzò nei modi comuni della pittura ufficiale del tempo. Come litografo, acquistò grande notorietà con l’edizione dei Promessi Sposi pubblicata nel 1840. Il fratello maggiore, Enrico (Torino 1799-1870), fu pittore paesaggista e abile incisore. Dotato di una fresca vena inventiva, debuttò alla Promotrice di Torino nel 1842. Oscurato dalla fama di Francesco, è ricordato soprattutto per una serie di litografie con vedute torinesi.