Fontanesi Giovanni *
FONTANESI GIOVANNI
Reggio nell'Emilia 18 13 - 1875
Nipote dello scenografo F. Fontanesi, dopo il tirocinio alla Scuola di Belle Arti reggiana, con P. Minghetti, e all'Accademia Atestina di Modena, ottenne nel 1833 il pensionato romano. Frequentò così le lezioni di M. Verstappen, mettendo a punto un lessico personale che univa la resa meticolosa del vero (Interno del Colosseo, 1834 ca. Reggio nell’Emilia, Istituto d'Arte) a una struttura compositiva di stampo minardiano (La villa d'Este a Tivoli, saggio del 1840, Modena, Galleria Estense). Condivise la lezione purista con l’amico A. Chierici, con il quale aveva preso studio a Roma e che in un suo quadro (La soffitta, 1837, Modena, Museo Civico) lo rappresentò intento a dipingere Paesaggio laziale (1836, Moderna, Istituto d'Arte). Dopo un periodo di crisi ritrovò vigore in opere come La valle del Serchio (1843, Reggio nell'Emilia, Intendenza di Finanza), dove recuperava l'intelaiatura luministica di A. Malatesta. Poté giovarsi anche della vicinanza di A. Calame, legame confermato da un acquerello che quest'ultimo dedicò appunto a Fontanesi (Reggio nell'Emilia, Istituto d’Arte). Dopo la sperimentazione dei primi anni '50, con tagli e inquadrature fotografiche (Veduta di Lerici, 1850 ca., Reggio nell'Emilia, Musei Civici), nel decennio successivo ripiegò verso una stanca riproposizione di paesaggi idealizzanti (La pietra di Bismantova, 1860, Reggio nell'Emilia, Musei Civici). Professore di paesaggio dal 1844 alla reggiana Scuola di Belle Arti, negli ultimi anni, forse spronato da giovani allievi come A. Beccaluva, aggiornò il suo linguaggio su nuove formule pittoriche, più attente ai valori della luce e alla resa sintetica (Paesaggio con rocce, Reggio nell'Emilia, Istituto d'Arte).
Reggio nell'Emilia 18 13 - 1875
Nipote dello scenografo F. Fontanesi, dopo il tirocinio alla Scuola di Belle Arti reggiana, con P. Minghetti, e all'Accademia Atestina di Modena, ottenne nel 1833 il pensionato romano. Frequentò così le lezioni di M. Verstappen, mettendo a punto un lessico personale che univa la resa meticolosa del vero (Interno del Colosseo, 1834 ca. Reggio nell’Emilia, Istituto d'Arte) a una struttura compositiva di stampo minardiano (La villa d'Este a Tivoli, saggio del 1840, Modena, Galleria Estense). Condivise la lezione purista con l’amico A. Chierici, con il quale aveva preso studio a Roma e che in un suo quadro (La soffitta, 1837, Modena, Museo Civico) lo rappresentò intento a dipingere Paesaggio laziale (1836, Moderna, Istituto d'Arte). Dopo un periodo di crisi ritrovò vigore in opere come La valle del Serchio (1843, Reggio nell'Emilia, Intendenza di Finanza), dove recuperava l'intelaiatura luministica di A. Malatesta. Poté giovarsi anche della vicinanza di A. Calame, legame confermato da un acquerello che quest'ultimo dedicò appunto a Fontanesi (Reggio nell'Emilia, Istituto d’Arte). Dopo la sperimentazione dei primi anni '50, con tagli e inquadrature fotografiche (Veduta di Lerici, 1850 ca., Reggio nell'Emilia, Musei Civici), nel decennio successivo ripiegò verso una stanca riproposizione di paesaggi idealizzanti (La pietra di Bismantova, 1860, Reggio nell'Emilia, Musei Civici). Professore di paesaggio dal 1844 alla reggiana Scuola di Belle Arti, negli ultimi anni, forse spronato da giovani allievi come A. Beccaluva, aggiornò il suo linguaggio su nuove formule pittoriche, più attente ai valori della luce e alla resa sintetica (Paesaggio con rocce, Reggio nell'Emilia, Istituto d'Arte).