Fontanesi Antonio *
FONTANESI ANTONIO
Reggio nell'Emilia 1818 - Torino 1882
Allievo nella sua città di P. Min ghetti, fu avviato alla scenografia e alla decorazione murale. Fervente patriota, nel 1847 si recò a Torino e da lì si rifugiò in Svizzera dal 1850 al 1865, stabilendosi in seguito a Ginevra, dove eseguì raffinati disegni a carboncino (fusains) e stampe con vedute della città. Furono anni fondamentali, durante i quali la sua ricerca pittorica, che si andava caratterizzando per la specifica attenzione ai valori della forma e della luce, si arricchì della conoscenza diretta di artisti come F. Diday e A. Calame. Tramite il mercante V. Brachard, inoltre, poté ammirare le opere dei paesisti francesi; conobbe C. Troyon, J. B. C. Corot e C. F. Daubigny, ricavandone importanti suggestioni (Il mulino, 1858, Torino, Galleria Civica d'Arte Moderna). Nel 1855 visitò il Salon parigino e nel 1858 strinse amicizia fraterna con il pittore lionese A. Ravier. Nel 1861 ottenne i primi riconoscimenti ufficiali: espose a Torino, alla Promotrice (Il mattino, Genova Nervi, Galleria Civica d’Arte Moderna), e a Firenze (fra gli altri, La quiete, Torino, Galleria Civica d’Arte Moderna e Dopo la pioggia, Firenze, Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti). Durante il soggiorno toscano entrò in contatto con i Macchiaioli, frequentò il Caffè Michelangiolo e si legò d’amicizia a C. Banti. Proseguiva frattanto la pratica dell'acquaforte, lungo un percorso parallelo a quello della pittura, sostenuto dalla medesima esigenza di stesura vibrante. Nelle opere degli anni '60 (La strada dei campi, Il crepuscolo, 1862,Novembre, 1864, Torino Galleria Civica d’Arte Moderna) aveva ormai maturato un lin-guaggio figurativo moderno e originale, dove inedite soluzioni spaziali e luministiche traducevano la sua visione lirica della natura, senza nulla di retorico e di pittoresco. Nel paesaggio, pervaso da una luce trascolorante, la figura veniva assunta a simbolo della solitudine umana. Fra il 1865 e il 1866, un soggiorno a Londra lo avvicinò all’opera di J. Constable e di J. M. W. Turner (Solitudine montana, Torino, Galleria Civica d’Arte Moderna). Nel 1869 gli venne conferita, non senza polemiche, la cattedra di paesaggio all'Accademia Albertina di Torino. Con gli anni '70 intensificò l'attività espositiva: all’Esposizione Universale di Vienna, nel 1873, figurava Aprile (Torino, Galleria Civica d'Arte Moderna) e nel 1874, a Torino, Bufera imminente e La solitudine (Reggio nell'Emilia, Musei Civici). L'estate di quell'anno frequentò a Morestel, nella Francia meridionale, l’amico Ravier, dedicandosi ad appassionati studi dal vero, esemplari per l’esecu-zione essenziale e la libertà di stesura. Negli ultimi anni, amareggiato dall'incomprensione della critica, si convinse ad accettare un insegnamento di pittura in Giappone. Rientrato a Torino nel 1878 per motivi di salute, vi riprese a insegnare e a dipingere: lavorò intensamente alla grande tela delle Nubi (Torino, Galleria Civica d'Arte Moderna). La fortuna critica dell'artista prese avvio negli anni seguenti, e fu consolidata dopo la morte dalla vasta retrospettiva torinese del 1892, in occasione del cinquantenario della Promotrice. L'esperienza romantica di Fontanesi, la sua meditazione sul “motivo”, ebbe riflessi anche al di fuori della Scuola di Paesaggio torinese; l’uso del linguaggio sintetico e ricco di contrasti tonali fu poi valorizzato dalla generazione simbolista e divisionista.
Reggio nell'Emilia 1818 - Torino 1882
Allievo nella sua città di P. Min ghetti, fu avviato alla scenografia e alla decorazione murale. Fervente patriota, nel 1847 si recò a Torino e da lì si rifugiò in Svizzera dal 1850 al 1865, stabilendosi in seguito a Ginevra, dove eseguì raffinati disegni a carboncino (fusains) e stampe con vedute della città. Furono anni fondamentali, durante i quali la sua ricerca pittorica, che si andava caratterizzando per la specifica attenzione ai valori della forma e della luce, si arricchì della conoscenza diretta di artisti come F. Diday e A. Calame. Tramite il mercante V. Brachard, inoltre, poté ammirare le opere dei paesisti francesi; conobbe C. Troyon, J. B. C. Corot e C. F. Daubigny, ricavandone importanti suggestioni (Il mulino, 1858, Torino, Galleria Civica d'Arte Moderna). Nel 1855 visitò il Salon parigino e nel 1858 strinse amicizia fraterna con il pittore lionese A. Ravier. Nel 1861 ottenne i primi riconoscimenti ufficiali: espose a Torino, alla Promotrice (Il mattino, Genova Nervi, Galleria Civica d’Arte Moderna), e a Firenze (fra gli altri, La quiete, Torino, Galleria Civica d’Arte Moderna e Dopo la pioggia, Firenze, Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti). Durante il soggiorno toscano entrò in contatto con i Macchiaioli, frequentò il Caffè Michelangiolo e si legò d’amicizia a C. Banti. Proseguiva frattanto la pratica dell'acquaforte, lungo un percorso parallelo a quello della pittura, sostenuto dalla medesima esigenza di stesura vibrante. Nelle opere degli anni '60 (La strada dei campi, Il crepuscolo, 1862,Novembre, 1864, Torino Galleria Civica d’Arte Moderna) aveva ormai maturato un lin-guaggio figurativo moderno e originale, dove inedite soluzioni spaziali e luministiche traducevano la sua visione lirica della natura, senza nulla di retorico e di pittoresco. Nel paesaggio, pervaso da una luce trascolorante, la figura veniva assunta a simbolo della solitudine umana. Fra il 1865 e il 1866, un soggiorno a Londra lo avvicinò all’opera di J. Constable e di J. M. W. Turner (Solitudine montana, Torino, Galleria Civica d’Arte Moderna). Nel 1869 gli venne conferita, non senza polemiche, la cattedra di paesaggio all'Accademia Albertina di Torino. Con gli anni '70 intensificò l'attività espositiva: all’Esposizione Universale di Vienna, nel 1873, figurava Aprile (Torino, Galleria Civica d'Arte Moderna) e nel 1874, a Torino, Bufera imminente e La solitudine (Reggio nell'Emilia, Musei Civici). L'estate di quell'anno frequentò a Morestel, nella Francia meridionale, l’amico Ravier, dedicandosi ad appassionati studi dal vero, esemplari per l’esecu-zione essenziale e la libertà di stesura. Negli ultimi anni, amareggiato dall'incomprensione della critica, si convinse ad accettare un insegnamento di pittura in Giappone. Rientrato a Torino nel 1878 per motivi di salute, vi riprese a insegnare e a dipingere: lavorò intensamente alla grande tela delle Nubi (Torino, Galleria Civica d'Arte Moderna). La fortuna critica dell'artista prese avvio negli anni seguenti, e fu consolidata dopo la morte dalla vasta retrospettiva torinese del 1892, in occasione del cinquantenario della Promotrice. L'esperienza romantica di Fontanesi, la sua meditazione sul “motivo”, ebbe riflessi anche al di fuori della Scuola di Paesaggio torinese; l’uso del linguaggio sintetico e ricco di contrasti tonali fu poi valorizzato dalla generazione simbolista e divisionista.