Ferrari Carlo *
FERRARI CARLO
Verona 1813 - 1871
Dopo un periodo di formazione presso le Accademie di Verona e di Venezia, dal 1837 si presentò alle mostre veronesi con i primi paesaggi e composizioni di genere, dove mise a punto alcune tipologie che su richiesta dei committenti avranno una lunga serie di repliche e varianti, come nel caso di Piazza delle Erbe (esposta nel 1839, Verona, Galleria d'Arte Moderna). In queste vedute, derivate da G. Canella nell’impianto, inseriva con minuzia fiamminga brani di vita e macchiette di costume, dando prova di una scioltezza narrativa che gli ottenne diffusi consensi. Oltre al duraturo legame con C. Bernasconi, ebbe commissioni dal maresciallo Radetzky, dal principe P. Troubetzkoy, dal principe A. Demidoff, per il quale dipinse Piazza Navona premiato a Verona nel 1856. La progressiva affermazione, già esplicita nel compiaciuto Autoritratto del 1844 (Verona, Galleria d’Arte Moderna), ebbe conferma con la nomina di socio dell’Accademia di Venezia nel 1846 e della Cignaroli a Verona nel 1847. Durante la sua lunga attività espositiva presentò anche soggetti storici e sacri, dei quali non si hanno peraltro esempi noti. Nel 1860 fu presente a Milano (Il figlio povero, Il figlio ricco, La Madonna della Pace) e alla Promotrice di Torino (fra gli altri, Addio di Cangrande alla sua famiglia). Nel 1861 inviò a Firenze otto dei suoi temi più noti e vi tornò negli anni seguenti con La Regasta di S. Zeno, Lo studio della lezione, Madonna dell'olivo, Veduta di piazza Navona (1864). Negli ultimi anni, la vena d’ispirazione si andò esaurendo in formule ripetitive e logore, mentre crebbero i suoi interessi di conoscitore legato al mercato antiquario.
Verona 1813 - 1871
Dopo un periodo di formazione presso le Accademie di Verona e di Venezia, dal 1837 si presentò alle mostre veronesi con i primi paesaggi e composizioni di genere, dove mise a punto alcune tipologie che su richiesta dei committenti avranno una lunga serie di repliche e varianti, come nel caso di Piazza delle Erbe (esposta nel 1839, Verona, Galleria d'Arte Moderna). In queste vedute, derivate da G. Canella nell’impianto, inseriva con minuzia fiamminga brani di vita e macchiette di costume, dando prova di una scioltezza narrativa che gli ottenne diffusi consensi. Oltre al duraturo legame con C. Bernasconi, ebbe commissioni dal maresciallo Radetzky, dal principe P. Troubetzkoy, dal principe A. Demidoff, per il quale dipinse Piazza Navona premiato a Verona nel 1856. La progressiva affermazione, già esplicita nel compiaciuto Autoritratto del 1844 (Verona, Galleria d’Arte Moderna), ebbe conferma con la nomina di socio dell’Accademia di Venezia nel 1846 e della Cignaroli a Verona nel 1847. Durante la sua lunga attività espositiva presentò anche soggetti storici e sacri, dei quali non si hanno peraltro esempi noti. Nel 1860 fu presente a Milano (Il figlio povero, Il figlio ricco, La Madonna della Pace) e alla Promotrice di Torino (fra gli altri, Addio di Cangrande alla sua famiglia). Nel 1861 inviò a Firenze otto dei suoi temi più noti e vi tornò negli anni seguenti con La Regasta di S. Zeno, Lo studio della lezione, Madonna dell'olivo, Veduta di piazza Navona (1864). Negli ultimi anni, la vena d’ispirazione si andò esaurendo in formule ripetitive e logore, mentre crebbero i suoi interessi di conoscitore legato al mercato antiquario.