Falchetti Giuseppe *
FALCHETTI GIUSEPPE
Caluso (Torino) 1843 - Torino 1918
Fratello di Michele, allievo giovanissimo del conterraneo G. Camino, fu apprezzato pittore di nature morte con trionfi di frutta e composizioni di selvaggina, influenzate dallo studio appassionato dei quadri fiamminghi conservati nella Galleria Sabauda di Torino e connotate da una lucida fedeltà al vero (Prodotti d'autunno, 1865; Cacciagione, 1898, Torino, Galleria Civica d'Arte Moderna). Espose alle mostre della Promotrice torinese dal 1862 al 1913 e fra il 1915 e il 1917 anche a quelle del Circolo degli Artisti, riscuotendo successo e importanti commissioni: nel 1876 ebbe l'incarico del governo di rappresentare i migliori prodotti della viticoltura nazionale. Le sue scenografiche nature morte, ricercate anche all'estero, furono riprodotte in migliaia di cromolitografie. Nei paesaggi, che presentò alle mostre di Torino (1862, Le sponde della Bormida; 1863, Veduta alpestre; 1881, Dintorni d'Ivrea) seguì dapprima il modello romantico del maestro, ma soprattutto quello di M. d’Azeglio. In seguito ammorbidì i chiaroscuri delle opere giovanili in favore di una maggiore armonia d'insieme.
Caluso (Torino) 1843 - Torino 1918
Fratello di Michele, allievo giovanissimo del conterraneo G. Camino, fu apprezzato pittore di nature morte con trionfi di frutta e composizioni di selvaggina, influenzate dallo studio appassionato dei quadri fiamminghi conservati nella Galleria Sabauda di Torino e connotate da una lucida fedeltà al vero (Prodotti d'autunno, 1865; Cacciagione, 1898, Torino, Galleria Civica d'Arte Moderna). Espose alle mostre della Promotrice torinese dal 1862 al 1913 e fra il 1915 e il 1917 anche a quelle del Circolo degli Artisti, riscuotendo successo e importanti commissioni: nel 1876 ebbe l'incarico del governo di rappresentare i migliori prodotti della viticoltura nazionale. Le sue scenografiche nature morte, ricercate anche all'estero, furono riprodotte in migliaia di cromolitografie. Nei paesaggi, che presentò alle mostre di Torino (1862, Le sponde della Bormida; 1863, Veduta alpestre; 1881, Dintorni d'Ivrea) seguì dapprima il modello romantico del maestro, ma soprattutto quello di M. d’Azeglio. In seguito ammorbidì i chiaroscuri delle opere giovanili in favore di una maggiore armonia d'insieme.