Chierici Gaetano *
CHIERICI GAETANO
Reggio nell'Emilia 1838 - 1920
Nipote di Alfonso e del paleoetnologo don Gaetano iniziò, tra il 1850 e il 1852, gli studi di figura e di paesaggio nella locale Scuola di Belle Arti. Nel 1852 passò all'Accademia di Modena e nel 1858 a quella di Firenze dove ottenne un premio accademico per un Nudo a olio. Seguì una breve parentesi a Bologna (1859) con G. C. Ferrari, dove sperimentò modi puristi assunti da A. Malatesta e dallo zio Alfonso. Tornato a Firenze, dove restò fino al 1875, si accostò brevemente alla “Macchia” (Donna che cuce, 1860, coll. privata) per passare presto al recupero di una scaltrita lezione prospettica di interni “alla Granet” (Lezione al convento, 1864, coll., privata; Frati sotto il porticato, 1865, coll. privata). Questa scelta, pur con le riserve dei colleghi toscani che gli suggerivano una forma «più solida e aderente al vero» (Le gioie di una madre, 1866, Firenze, Galleria d'Arte Moderna di Palazzo Pitti), avviò l'artista a sviluppare con successo la vena aneddotica (Primi passi, 1865, Genova Nervi, Galleria d'Arte Moderna; La maschera, 1869, Milano, Pinacoteca di Brera). Divenuto uno dei capiscuola italiani della pittura di genere, autore di scenette di facile lettura, spesso in interni di idealizzata povertà (La chioccia, 1897, Reggio nell'Emilia, Museo Civico), spese il meticoloso descrittivismo in numerose repliche, attirandosi anche l’epiteto di “quadraio” (Beffe al gatto,1878, Reggio nell’Emilia, Museo Civico, soggetto ripetuto in almeno cinque quadri). Assiduo alle principali esposizioni (Parma 1870, Vienna 1873, Napoli 1877, Monaco 1888, Berlino 1891), dal 1882 al 1907 fu direttore dell’Accademia di Reggio.
Reggio nell'Emilia 1838 - 1920
Nipote di Alfonso e del paleoetnologo don Gaetano iniziò, tra il 1850 e il 1852, gli studi di figura e di paesaggio nella locale Scuola di Belle Arti. Nel 1852 passò all'Accademia di Modena e nel 1858 a quella di Firenze dove ottenne un premio accademico per un Nudo a olio. Seguì una breve parentesi a Bologna (1859) con G. C. Ferrari, dove sperimentò modi puristi assunti da A. Malatesta e dallo zio Alfonso. Tornato a Firenze, dove restò fino al 1875, si accostò brevemente alla “Macchia” (Donna che cuce, 1860, coll. privata) per passare presto al recupero di una scaltrita lezione prospettica di interni “alla Granet” (Lezione al convento, 1864, coll., privata; Frati sotto il porticato, 1865, coll. privata). Questa scelta, pur con le riserve dei colleghi toscani che gli suggerivano una forma «più solida e aderente al vero» (Le gioie di una madre, 1866, Firenze, Galleria d'Arte Moderna di Palazzo Pitti), avviò l'artista a sviluppare con successo la vena aneddotica (Primi passi, 1865, Genova Nervi, Galleria d'Arte Moderna; La maschera, 1869, Milano, Pinacoteca di Brera). Divenuto uno dei capiscuola italiani della pittura di genere, autore di scenette di facile lettura, spesso in interni di idealizzata povertà (La chioccia, 1897, Reggio nell'Emilia, Museo Civico), spese il meticoloso descrittivismo in numerose repliche, attirandosi anche l’epiteto di “quadraio” (Beffe al gatto,1878, Reggio nell’Emilia, Museo Civico, soggetto ripetuto in almeno cinque quadri). Assiduo alle principali esposizioni (Parma 1870, Vienna 1873, Napoli 1877, Monaco 1888, Berlino 1891), dal 1882 al 1907 fu direttore dell’Accademia di Reggio.