Cecioni Adriano *

CECIONI ADRIANO
Firenze 1836 - 1886
Allievo all’Accademia di Firenze dello scultore A. Costoli, nel 1859 fu con O. Borrani e T. Signorini volontario nella seconda guerra d’Indipendenza. Tornato a Firenze e introdotto dal Signorini nell'ambiente del Caffè Michelangiolo, ne divenne uno degli animatori: del locale e dei suoi frequentatori Cecioni lasciò una viva rappresentazione in una caricatura all'acquerello (coll. privata). Nel 1860 vinse il concorso Ricasoli per il Ritratto di Carlo Alberto, ma l’esecuzione della statua non gli fu mai commissionata. Ottenuto nel 1863 il pensionato di studio, si trasferì a Napoli, dove divenne subito amico dei pittori della Scuola di Resina costituendo un importante elemento di stimolo e di confronto per quegli artisti e in particolare per M. De Gregorio (che lo ritrasse nel 1866 e nel 1868), F. Rossano e più tardi per G. De Nittis. Nel 1864 inviò a Firenze come prima prova di pensionato l'altorilievo Una visita al sepolcro (Firenze, Galleria d'Arte Moderna di Palazzo Pitti), dove erano tradotti in scultura gli elementi formali e poetici della Macchia. Nel 1866 partecipò alla Promotrice napoletana con tre dipinti (Interno, La comodità di un balcone, Una signorina romantica). Nel 1867 rientrò a Firenze e vi espose il Suicida (Firenze, Galleria d'Arte Moderna di Palazzo Pitti), opera che fu al centro di numerose polemiche. Ripresi i contatti con gli amici del Caffè Michelangiolo, eseguì in questi anni la maggior parte delle sue opere pittoriche in sintonia con la poetica di Piagentina, descrivendo con vivacità di colore e uno stile apparentemente ingenuo, interni domestici: Interno con figura (Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna), La zia Erminia (Arezzo, Museo d’Arte Medievale e Moderna), Ritratto della moglie (Firenze, Galleria d'Arte Moderna di Palazzo Pitti). Nel 1867 aveva collaborato al Gazzettino delle Arti del disegno, fondato da D. Martelli per dare voce alle nuove istanze del Realismo: spirito arguto, battagliero e polemico, Cecioni rivestì, anche in seguito, un ruolo importante come critico d’arte e teorico della Macchia. Il successo ottenuto al Salon del 1870 dal Bambino con gallo, lo spinse a trasferirsi nella capitale francese, ma la sua indole nervosa gli impedì di ambientarsi a Parigi e dopo un soggiorno a Londra durante il quale lavorò anche come vignettista per Vanity Fair, tornò a vivere a Firenze. Dal 1873 al 1874 diresse II Giornale Artistico con T. Signorini e S. Grita. Fino al 1879, perseguitato dalle difficoltà finanziarie, l'artista dovette ricorrere costantemente agli amici, soprattutto a C. Banti; furono loro a consentire la traduzione in marmo di alcune sue opere fra cui il busto di Giacomo Leopardi (Roma, Musei Capitolini). Il riconoscimento della sua opera di scultore e la nomina a professore di disegno presso il Magistero permisero a Cecioni di trascorrere gli ultimi anni in relativa tranquillità, consentendogli anche di dedicarsi all’attività di saggista (La Domenica letteraria, 1884).
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