Bonolis Giuseppe *

BONOLIS GIUSEPPE
Teramo 1800 - Napoli 1851
Formatosi alla scuola teramana di disegno, diretta da M. Muzii, dopo il 1820 fu costretto a trasferirsi a Napoli in seguito ai moti carbonari. Qui terminò la propria formazione a contatto con J. Franque, di cui seguì le lezioni nell’Accademia e applicandosi autonomamente allo studio della pittura dei maestri antichi. Nel 1830 fu premiato alla Biennale Borbonica e nel 1835 vi espose con successo il Ritratto del principe di Fondi (1833, Napoli, Museo di San Martino). Questa grande tela, caratterizzata da una vivace resa psicologica della fisionomia, attentamente e finemente delineata, testimonia della maturità raggiunta dall'artista in quel genere e del conseguente credito presso gli ambienti aristocratici e di corte. Alla stessa epoca appartengono anche i due Autoritratti (Teramo, Pinacoteca Civica; Macerata, Pinacoteca Civica), il Ritratto di gentiluomo (Giulianova, Pinacoteca Civica) e il piccolo capolavoro di intensità e delicatezza del Ritratto di gentildonna (Napoli, Galleria dell’Accademia) presentato alla mostra borbonica del 1835. Già sul finire degli anni '30 si dedicò a temi storico-mitologici: con l’Abele (1837, Napoli, depositi di Capodimonte), l'Educazione di Bacco (1839, Napoli, Palazzo Salerno) e Lo sposalizio di Bacco ed Arianna (1841, Napoli, depositi di Capodimonte) la sua ricerca classicista si impose, anche nell’ambiente ufficiale, come alternativa alla tradizione accademica. Nel 1841 l'artista aprì una scuola privata in contrapposizione all’insegnamento dell'Accademia e nel 1849 pubblicava il saggio D'un nuovo ordinamento intorno alle scuole di Belle Arti, denuncia della pratica del disegno scolastico che impediva lo studio dei “dati naturali” e la conoscenza diretta della tradizione pittorica italiana. La scuola, frequentata fra gli altri da G. Ruo e da F. Palizzi, non ebbe successo, ma la sua accesa polemica avviò una generazione di pittori napoletani allo studio “dal vero”. Negli ultimi anni l'artista ottenne commissioni dai Borbone e proseguì la produzione di tele sacre (San Berardo patrono della città di Teramo, 1845 ca., cattedrale di Teramo). L'ultimo dipinto, Federico d'Aragona rifiuta la corona (1850, oggi distrutto), fu esposto, incompiuto, alla Mostra borbonica del 1851, a conferma dell'autorità del maestro abruzzese.
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