«Sortie de forêt à Fontainebleau. Soleil couchant» (1850 circa) di Théodore Rousseau, Parigi, Musée du Louvre (particolare) «Sortie de forêt à Fontainebleau. Soleil couchant» (1850 circa) di Théodore Rousseau, Parigi, Musée du Louvre (particolare)

UN ARTISTA A META’ TRA SENTIMENTO LIRICO E COSCIENZA GREEN

On 31 October 2024

di Elisabetta Matteucci, su Il Giornale dell'arte, 1 marzo 2024

 

 

A due anni dalla nomina quale direttrice del Petit Palais, Musée des Beaux-Arts de la Ville de Paris, Annick Lemoine persegue nell’intento di promuovere il patrimonio culturale nazionale curando una monografica dedicata ad uno dei protagonisti della Scuola di Fontainebleau. La mostra Theodore Rousseau. La Voix de la forêt, organizzata con il sostegno eccezionale del Musée du Louvre e del Musée d'Orsay, in corso dal 5 marzo al 7 luglio, intende indagare il percorso romantico e al tempo stesso realista di colui che alla metà del XIX secolo svolse in Francia un ruolo fondamentale nella creazione di una nuova scuola di pittura di paesaggio, aprendo la strada all'Impressionismo.

 

 

 

A capo del cenacolo di pittori e fotografi che frequentavano il villaggio di Barbizon, Rousseau amava trascorrere molte ore nella vicina foresta di Fontainebleau, determinato a fare della natura non più un semplice sfondo scenografico quanto il principale motivo d’ispirazione. Esservi immerso, a stretto contatto era per lui il modo migliore per tentare di catturarne il misterioso segreto. L’attitudine a dipingere en plein air, fuori dallo studio, impiegando pennellate ampie e libere sur le motif generate dalla forza evocativa di quella bellezza primordiale attraversata dai suggestivi cambiamenti di luce e atmosfera, generò un’enorme quantità di schizzi.

Secondo una pratica allora diffusa, tale materiale veniva rielaborato in atelier dando origine a composizioni dal forte impatto visivo. Tuttavia, come illustreranno le quasi cento opere riunite provenienti da prestigiose collezioni private, dalla Collezione Mesdag dell’Aia, dalla Kunsthalle di Amburgo, dalla National Gallery e dal Victoria and Albert di Londra, dal Musée des Beaux-arts di Reims e dalla Carlsberg Glyptotek di Copenaghen, i confini tra pittura e disegno, abbozzo e soggetto definitivo, tendevano spesso a confondersi. Da eterno sperimentatore, dotato di un talento tecnico senza pari, tutto proteso a scrutare e fissare anche la minima manifestazione di quell’infinita e mutevole esistenza, Rousseau ritoccava e rimaneggiava le tele con estrema audacia per riuscire a tradurre la vita, la luce e il respiro ritmico di quello straordinario eppur fragile ecosistema.  

L’utilizzo di questa tecnica, a prima vista quasi eccessiva, finalizzata a evidenziarne la perfetta armonia, il principio di autoregolazione del ciclo vitale non era disgiunto da un trasporto interiore grazie al quale la pittura di paesaggio si caricò di un significato inedito. Non a caso lo stesso Baudelaire intravide in lui un «naturalista costantemente teso verso l'ideale».

Il percorso espositivo prende avvio dalle opere giovanili, con i numerosi studi di tronchi, del sottobosco, di foglie, rocce e paludi, frutto del viaggio di apprendistato in Francia anziché in Italia. Una scelta dettata da un carattere anticonformista e ribelle che lo aveva indotto a rinunciare al consueto itinerario previsto dalla formazione accademica e, in seguito al rifiuto delle opere inviate al Salon, ad abbandonare Parigi. Seguono le opere realizzate a partire dal 1847, anno del definitivo trasferimento nella radura e dell’assunzione al ruolo di capofila del gruppo di pittori e fotografi riunitisi attorno a lui come Narcisse Diaz de la Peña, Charles Jacques, Jean-François Millet, Eugène Cuvelier, Charles Bodmer e Gustave Le Gray. Accanto ai suggestivi e quasi spirituali dipinti realizzati nella foresta di Fontainebleau, vi sono i cosiddetti “crimini”, vale a dire gli abbattimenti di alberi, i tentativi di disboscamento, denunciati ed equiparati da Rousseau all’eccidio di creature innocenti, in relazione all’efferato episodio biblico.

 

 

Il sentimento nutrito nei confronti del paesaggio, dettato dalla consapevolezza della sua fragilità era accompagnato da un concreto desiderio di preservarne l’incolumità, riflesso di uno spirito ecologista davvero precoce considerando quanto all’epoca il processo di evoluzione economica e di industrializzazione stesse interessando la società francese. Nel 1853, grazie alla sensibile azione di tutela portata avanti dal pittore, dagli altri Barbizonniers e da alcuni scrittori, fu istituita la «Reserve artistique de la Fôret de Fontainebleau», sottraendola a un progetto di radicale deforestazione.  Ispirata da una pulsione culturale, specchio di quella sensibilità romantica propria dei pittori naturalisti, la Riserva, ufficializzata nel 1861, è considerata il primo atto pubblico di protezione della natura e riconosciuta dall’UNESCO come Riserva naturale della Biosfera.

 

 

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