Nell'asset allocation dei super ricchi l'arte e le collezioni rappresntano il 9% del patrimonio netto, il dato risale al 2012. Nel frattempo il mercato dell'arte ha continuato a crescere: nei primi sei mesi del 2014 Christie's e Sotheby's hanno battuto in asta 5,98 miliardi di dollari, l'88% dell'aggiudicato di tutto il 2013. Per gli Usa e i paesi emersi ed emergenti (Asia, Medioriente e America Latina)la crisi sembra alle spalle, cresce la ricchezza individuale investita in arte che così incrocia anche i bisogni finanziari dei compratori. L'arte si ibrida con la finanza e chi si occupa di pianificazione finanziaria allunga il collo per capire come funziona questo mercato, poco liquido e poco trasparente. Così l'industria del wealth management, quella più avanzata che gestisce ricchi portafogli, è consapevole che non può chiamarsi fuori dal conoscere le dinamiche e le regole dei beni da collezione, in primis dell'arte. La richiesta di servizi finanziari legati all'arte, soprattutto nei mercati avanzati dove il collezionismo rappresenta una promozione sociale, non è più velata: pianificazione di portafogli in arte, prestiti con sottostante arte, fondi d'investimento in arte sono già diffusi.
Perchè in Italia di tutto questo non si parla? La ricerca in corso su private bank, family office e collezionisti promossa da Plus24-Arteconomy, il 6° Master in Economia e Management dell'Arte e dei Beni culturali della 24Ore Business School di Milano e Deloitte cercherà di dare una risposta. Certo in Italia c'è il collezionismo di tradizione, ma manca il mercato potenziale o meglio mancano le dimensioni del mercato dell'arte, manca la sofisticazione della clientela: i più evoluti bypassano il problema e chiedono questi servizi a paesi terzi attraverso family office. Le istituzioni finanziarie, le banche, le sgr, le assicurazioni non fanno investimenti hi-tech e non hanno prodotti sofisticati ad hoc sui collezionabili. Certo il rallentamento dell'economia italiana rappresenta il primo freno, ma ad esso si aggiungono quello culturale (limiti di circolazione) e fiscale (Iva, tracciabilità, ecc.). Ma i collezionisti italiani sanno di avere un vantaggio competitivo rispetto ai colleghi americani? Loro pagano salatissime tasse sul capital gain sull'arte , da noi nulla è dovuto.