Ultimo in cultura. Il nostro Paese è poco generoso nei confronti del pur rimarchevole patrimonio che si rotrova. Il confronto internazionale ci dice, anzi, che le risorse da destinare alla conservazione e alla valorizzazione dei monumenti sono sempre più assottigliate, relegandoci all'ultimo posto. Fino al 2009, infatti, l'Italia ha dirottato verso il Bello lo 0,09% del Pil, percentuale che nel 2010 è scesa allo 0,8, e nel 2011 si è assestata allo 0,6. Come noi, tra i Paesi Ue, ha fatto solo la Grecia, che ci fa compagnia in coda alla classifica , dove svettano Estonia e Slovenia, che ancora riservano alla cultura l'1,9% del prodotto interno lordo.
La poco onorevole situazione del nostro Paese che vien fuori dal raffronto internazionale è resa ancora più amara dalla lettura dei dati interni, quelli che fotografano la spesa pubblica in cultura a livello regionale. I numeri raccolti nel database dei Conti pubblici territoriali ed elaborati dal Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica evidenziano, infatti, un forte disinvestimento nei riguardi del patrimonio da parte di pratuicamente tutte le amministrazioni locali. L'indagine - che verrà presentata oggi a Roma (sala polifunzionale della Presidenza del consiglio, via Santa Maria in Via 37, ore 9.30) - riguarda la categoria più ampia delle attività culturali, ricreative e di culto, ma, di fatto, è la prima che fa la parte del leone, perchè da sola copre il 70% della spesa pubblica presa in considerazione.
Ebbene, se ci si concentra sulla spesa in conto capitale - che nel settore culturale incide per il 30% sulla spesa complessiva, mentre di media negli altri comparti si ferma al 10% - si vede che, pur all'interno di un andamento altalenante che contraddistingue il primo decenniodel Duemila, a partire dal 2010 punta decisamente verso il basso. Dato confermato dalla picchiata della spesa in cultura pro capite, che nel Duemila era, a livello nazionale, di 51,62 euro e nel 2011 ha toccato i 30,52 euro. Questo significa che le risorse di solito destinate alle ristrutturazioni e valorizzazioni dei monumenti, si sono sensibilmente ridotte.
Lo spaccato regionale evidenzia che solo quattro regioni hanno aumentato nel periodo 2009-2011 la spesa pubblica per il patrimonio. Tutte le altre hanno sensibilmente ridotto gli investimenti rispetto al triennio 2000-2002. Va, però, precisato che anche le performance delle regioni virtuose sono legate, in alcuni casi, a eventi estemporanei: in Friuli e nel Lazio ha pesato l'organizzazione di alcuni eventi di rilevanza nazionale ed europea ( e per il Lazio c'è da tener conto della presnza del ministero dei Beni culturali), mentre il dato della Valle d'Aosta risente di un'anomalia statistica.L'unica realtà immune da "correttivi" è la sardegna, dove l'aumento della spesa pubblica pro capite è il risultato della scelta di un modello di sviluppo che punta anche sul patrimonio.
Per il resto, la situazione è desolante. E lo diventa ancora di più se si esaminano le aree geografiche, perchè mentre nel Nord e al Centro la quota di spesa pro capite, pur diminuita, si mantiene a livelli omogenei (34,50 euro al Nord e 39,95 al Centro), nel Mezzogiorno è la metà (19,81 euro). Al Sud, però, gioca l'effetto delle risorse aggiuntive dei fondi comunitari e nazionali, che fa aumentare, seppure sempre al di sotto della media delle altre due parti del Paese, le risorse per gli investimenti in cultura.