La restituzione delle opere depredate durante la seconda guerra mondiale dal 1933 al 1945 sono un tema caldo - il film Monument Men riaccende l'attenzione con un riferimento importante alle opere espropriate da tedeschi e portate via alla fine della guerra dalla Germania dai russi, Paese che non ha minimamente fatto disclosure sul tema - e di difficile soluzione, come per il caso Cornelius Gurlitt con le sue oltre 1.600 opere ritrovate a Monaco, ma per due anni secretate. "Solo i Principi della Conferenza di Washington del 1998, non anche la Convenzione Unesco del 1970 e la Convenzione Unidroit del 1995, sono di ausilio per dirimere la controversia sulle opere d'arte confiscate dai Nazisti e non restitutite ai legittimi proprietari, sebbene non vincolanti " spiega Silvia stabile, avvocato dello studio Negri-Clementi di Milano. "Il Governo tedesco nel 2003 ha costituito una commissione Consultativa per la Restituzione dei Beni Culturali Sequestrati in linea con i Principi della Conferenza di Washington, e nel 2009 sotto la guida del Governo della Repubblica Ceca è stata approvata la Dichiarazione di Terezin che potenzia l'applicazione dei Principi di Washington, attraverso misure giuste ed eque fondate su un obbligo morale di restituzione ai legittimi proprietari delle opere, confiscate in epoca nazionalsocialista, per mezzo sia di istituzioni pubbliche o private sia di privati" prosegue l'avvocato. Quali le soluzioni legali per i privati che oggi rivendicano la proprietà di opere depredate? "Il raggiungimanto di soluzioni giuste ed eque in linea con i Principi di Washington , compresa la mediazione obbligatoria per la soluzione delle controversie tra musei e privati" conclude l'avvocato Stabile.
La strada non è semplice perchè molta arte espropriata è finita proprio nei musei di mezzo mondo, poichè non tutte le opere, a conclusione del conflitto, hanno ritrovato il proprietarioe, così, sono finite sul mercato. Ma per ritrovarle bisogna prima sapere cosa cercare, cioè conoscere l'elenco delle opere razziate. La prossima disclosure online dell'elenco in due volumi redatto dallo storico dell'arte Rolf Hetsch di oltre 16.000 opere d'arte, depredate dai Nazisti, annunciata dal Victoria &Albert Museum sta creando grande attesa. Finalmente tutti potranno leggere l'intera "Herry Fisher List", libro donato dalla vedova dell'arte dealer austriaco, Heinrich Robert (Harry) Fischer, con l'elenco delle opere e la loro provenienza. Anche il Tribunale Amministrativo di Augsburg ha ordinato di pubblicare online su un quotidiano tedesco le foto della collezione Gurlitt (www.lostart.de). E, ancora, il ritrovamento qualche giorno fa a Salisburgo di altre 60 opere del "tesoro" di Gurlitt, ha portato il ministro della Cultura tedesco, Monika Guetters ad annunciare che la Germania creerà un suo centro di ricerca indipendente per passare al vaglio tutte le collezioni d'arte del paese a caccia di opere trafugate. Secondo Guetters il caso Gurlitt ha rivelato delle debolezze nel sistema di restituzione tedesco e sollevato problemi di ordine etico.
La Comunità ebraica mondiale incalza, il presidente Ronald Lauder ha di recente dichiarato: " I musei tedeschi negligentemente continuano ad ignorare il loro dovere primario di chiarire il possesso di opere sottratte agli ebrei dai nazisti e il Governo tedesco dovrebbe impegnarsi maggiormente nel disporre ai musei di condurre a un immediato esame della provenienza dell'arte in collezione". Sono circa 20.000 gli oggetti trafugati tuttora esposti. Sulla base di una ricerca del 2012 condotta dall'Institute for Museum Research di Berlino, più di 2.000 musei pubblici tedeschi possiedono oggetti creati prima del 1945, ma acquisiti dopo il 1933, la cui proprietà potrebbe essere stata estorta dai nazisti. Anche una dozzina di musei olandesi, compresi il Rijks Museum e il Stedelijk Museum, sono in possesso di almeno 139 opere con origine problematiche. La Svizzera, poi, si è distinta per il commercio d'arte negli anni 1933-45 e in un rapporto del 2010 molto grandi musei della Confederazione hanno fatto outing.