Palizzi Giuseppe *

PALIZZI GIUSEPPE
Lanciano (Chieti) 1812 - Parigi 1888
Nel 1835 si trasferì a Napoli e l’anno successivo si iscrisse all'Accademia di Belle Arti, dove frequentò la Scuola di Paesaggio di A. Sminck van Pitloo e in seguito i corsi di G. Smargiassi. Parallelamente si avvicinò a S.Fergola e agli altri esponenti della Scuola di Posillipo. Da queste esperienze derivarono, nei suoi primi paesaggi, l’impianto vedutistico di matrice hackertiana, le atmosfere terse e l'uso di colori luminosi. Nel 1837 esordì con successo alla Mostra Borbonica con Veduta della collina de' Camaldoli e del Lago di Agnano. Si cimentò anche con il paesaggio storico, genere già sperimentato a Napoli da B. De Francesco: alla Biennale del 1839 inviò La Maremma o Pia de' Tolomei (fuori catalogo) e nel 1841 presentò il Sogno di Caino fratricida (fuori catalogo, Napoli, Galleria dell’Accademia), Tasso che incontra il brigante Marco Sciarra (Napoli, Prefettura) e Paesaggio con casa rustica (Napoli, Museo di Capodimonte). Nel 1844, in dissidio con la cultura ufficiale partenopea, si trasferì in Francia: a Parigi frequentò lo studio di C. Troyon e in seguito si stabilì a Passy, dove lavorò a contatto con i pittori della Scuola di Barbizon. Si specializzò nel paesaggio con figure di animali, realizzate in un primo tempo sulla base di studi inviatigli dal fratello Filippo e in aperta concorrenza con gli specialisti francesi di questo genere, R. Bonheur e lo stesso Troyon. La sua pittura, pur mantenendo la canonica impostazione del paesaggio classico, acquistò una maggiore aderenza al vero e un tocco più sciolto e pastoso, mediato dagli esempi francesi (1845, Accampamento di zingari, Firenze, Galleria d'Arte Moderna di Palazzo Pitti). A partire dal 1845 partecipò con regolarità ai Salon parigini, conquistando rapidamente il favore della critica (Le Printemps, esposto al Salon del 1852, Parigi, Musée d'Orsay). Nel 1854 compì un breve viaggio in Italia, al quale vanno riferiti i dipinti Gli scavi di Ercola- no (coll. privata) e II falegname (in deposito al Museo di Capodimonte), caratterizzati da un linguaggio più sintetico e di grande forza visiva. Nel 1855, di nuovo a Parigi, presentò all'Esposizione Universale Vaches à l'abreuvoir e Charbonnière dans la forêt de Fontainebleau. Nel 1872 tornò per qualche mese a Napoli (Ritratto di Francesco Viscido in abito da cacciatore, coll. privata) e nel 1877 inviò Bosco di Fontainebleau all'Esposizione Nazionale partenopea. Nelle opere posteriori al 1870 (Autoritratto nella foresta di Fontainebleau, 1870 ca., Napoli, Accademia di Belle Arti), il decennale lavoro compiuto a Fontainebleau, dove si era applicato a studiare gli effetti della luce attraverso le fronde degli alberi, si risolse in un fare più largo e in una tavolozza dominata dai neri e dalle diverse tonalità di verdi, qua e là lacerati dalla luce filtrante; il tocco divenne più libero negli sfondi mentre acquistava corposità e forza nei primi piani (Il taglialegna, 1886, Napoli, Accademia di Belle Arti).
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