Maccari Cesare *

MACCARI CESARE
Siena 1840 - Roma 1919
Allievo dello scultore G. Vestri, a casa del quale conobbe A. Cassioli, A. Ridolfi e A. Visconti, si iscrisse successivamente all’Accademia senese di Belle Arti (1855). Impegnato a studiare scultura, entrò nel 1856 nello studio di T. Sarocchi, ma durante l’alunnato accademico L. Mussini lo convinse a dedicarsi alla pittura. Durante i sette anni di formazione acquisì quegli strumenti tecnici e stilistici improntati al purismo del maestro che nel 1863 gli valsero il premio triennale per Leonardo che ritrae la Gioconda (Siena, Sovrintendenza). L’opera lo rivelò al mecenatismo locale, tanto che il marchese F. P. Nerli gli commissionò la decorazione della cappella della sua dimora di Quinciano e nel 1865 acquistò la tela d'ispirazione nazarena Rebecca a cui il servo di Abramo, Ezechiello, presenta i gioielli (Siena, coll. Monte dei Paschi). Con Gli ultimi momenti di Lorenzo il Magnifico, nel 1866 vinse il pensionato Biringucci che gli permise di recarsi per studio in Umbria, a Roma e a Firenze (1868), da dove inviò a Siena, come saggio di pensionato, Vittoria Colonna meditante un madrigale direttole da Michelangelo. Dopo un soggiorno nel Veneto, durante il quale copiò opere di Tintoretto, Veronese e Tiepolo, accentuò le caratteristiche del suo colorismo (Sira che libera Fabiola dal fraticida Fulvio, premiato nel 1870 all’Esposizione romana, Siena, coll. privata). Stabilitosi a Roma, vi conobbe il rettore del Capitolo Piemontese, che gli commissionò gli affreschi, di proprietà reale, della chiesa del SS. Sudario. Dal 1872 al 1882, terminato il pensionato Birin gucci, dipinse quadri a olio e ad acquerello «di ogni genere» per i mercanti italiani e stranieri, tra cui A. Goupil: in queste opere adottò uno stile che richiama sia il realismo romantico di D. Morelli sia l’eleganza sfarzosa di M. Fortuny. Nella scelta dei soggetti aderì alle richieste del mercato, realizzando scene di ambientazione greco-romana, dalle ac-centuate valenze sentimentali (Un palpito del passato, esposto a Milano e a Parma nel 1870; Nel triclinio, esposto a Torino nel 1880). Nel 1878 portò all’Esposizione Universale di Parigi Déposition du Pape Silvère (affresco), riproposto nella versione a olio all’Esposizione Nazionale di Torino del 1880 con un titolo ulte-riormente esplicativo, che rivelava un’attenzione filologica alla storia e alle fonti, che l’artista approfondì nelle successive commissioni pubbliche per la capitale: la sala del Senato a Palazzo Madama (1882-1888) e l’aula magna del Palazzo di Giustizia (1900-1909). In queste opere, come nei due affreschi della sala del Risorgimento nel Palazzo Pubblico di Siena (Il plebiscito di Roma e Il trasporto della salma di Vittorio Emanuele II al Pantheon, 1886-1887), soprattutto nella chiara impostazione compositiva e nel progetto gra-fico che presiede alla composizione, è evidente la matrice accademico-purista della sua formazione, rinnovata alla luce di un realismo severo e partecipato, non privo di una contenuta retorica. Dal 1888 al 1895 lavorò alla grandiosa decorazione della cupola del Santuario di Loreto e, fino al 1907, ai quattordici episodi del tamburo.
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